Il recente accordo sui dazi tra Italia e Stati Uniti ha acceso un dibattito nel governo Meloni e tra i partiti della coalizione di centrodestra. Il patto, che prevede un dazio base al 15%, rappresenta un compromesso rispetto al rischio di un aumento fino al 30% previsto senza intesa. La premier Giorgia Meloni, insieme ai vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, valuta gli effetti dell’intesa sul consenso politico e sulla situazione economica nel paese, mentre cresce la preoccupazione per gli impatti a livello sociale e di voto in vista delle prossime elezioni politiche.
Il ruolo della premier meloni tra pragmatismo e critiche interne
Giorgia Meloni ha preso una decisione difficile, presentandosi come mediatore tra Washington e l’Europa nel negoziato sui dazi. Il suo ruolo di ponte tra Italia e Stati Uniti si è rivelato un’arma a doppio taglio. Da un lato, ha evitato un’escalation che avrebbe potuto colpire pesantemente imprese e consumatori italiani; dall’altro, questa posizione di dialogo è accusata dalle forze di opposizione di essere troppo accondiscendente verso l’amministrazione Usa e il suo protezionismo.
Meloni ha rivendicato la definizione della «very special relationship» con l’allora presidente Trump, ora ripresa per mantenere un canale privilegiato con gli Stati Uniti, in contrapposizione ad alcune alleanze europee, come quella con la Francia, risultata più rigida sul tema. L’accordo firmato a Turnberry in Scozia ha abbassato la pressione tariffaria, portandola al 15% invece del 30%, una vittoria che Meloni sottolinea come un successo diplomatico importante, utile anche a mantenere «l’unità dell’Occidente».
La sua sfida resta però politica. Gli italiani si aspettano che l’impatto sui loro bilanci sia contenuto. Nel caso in cui le nuove tariffe provochino aumenti di costi e prezzi più elevati, l’affetto verso la premier potrebbe scemare rapidamente, soprattutto alla vigilia di una campagna elettorale dove la sua leadership verrà messa alla prova. La gestione dei dazi è destinata a influenzare il peso elettorale del partito di Meloni, Fratelli d’Italia, e il suo stesso ruolo nel governo.
La posizione di Antonio Tajani e il richiamo alle radici europeiste di forza italia
Antonio Tajani mantiene un profilo differente, posizionandosi come il guardiano dell’identità europeista all’interno della maggioranza. Dopo la guida di Silvio Berlusconi, Tajani cerca di consolidare il consenso del partito evitando derive sovraniste, conservando la linea liberale e popolare riconosciuta nell’ambito europeo.
Tajani si trova in una situazione complessa. Da un lato deve evitare di contraddire Bruxelles e la Commissione europea, coinvolta direttamente nelle trattative con Washington; dall’altro, deve difendere il suo elettorato tradizionale che segue con sospetto le politiche europee, soprattutto ora che i dazi colpiscono le imprese e mettono sotto pressione l’economia italiana.
Questa tensione emerge nel dibattito interno di Forza Italia, dove si discute anche sulla necessità di rinnovare il partito e aprirlo a nuovi stimoli, come richiesto da figure chiave della famiglia Berlusconi. Il manifesto per la libertà in arrivo dopo l’estate vuole ribadire i valori fondanti del partito in una fase delicata, ma il rischio è che le aziende penalizzate dalle tariffe americane adottino un atteggiamento critico verso il governo azzurro.
La strategia di Tajani implica quindi un equilibrio tra critica costruttiva all’Europa e difesa del sistema produttivo italiano, per evitare di spacchettare ancora di più il consenso di centrodestra in un momento particolarmente delicato.
La posizione di Matteo Salvini e le incognite per la lega
Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, osserva la situazione con attenzione, andando incontro a un elettorato con aspettative differenti rispetto a quello di Meloni e Tajani. La Lega ha costituito un bacino più variegato che include soggetti fortemente critici verso l’Europa e la globalizzazione.
Salvini ha espresso posizioni più rigide in passato nei confronti di Bruxelles e dei trattati commerciali che mettono a rischio settori industriali e lavorativi. Il compromesso raggiunto nei negoziati sui dazi rischia di generare malumori nel suo partito e fra i sostenitori più radicali.
Il leader leghista si sta preparando a gestire queste tensioni interne, cercando di mantenere un buon posizionamento in vista delle urne. Ha il compito di evitare che la questione dei dazi si trasformi in un campo di battaglia troppo sfavorevole alla coalizione, mantenendo aperta la possibilità di critiche mirate senza però spaccare l’alleanza di governo.
Anche per Salvini la partita si gioca nel bilancio tra economia e consenso politico. La percezione pubblica degli effetti dei dazi sarà un metro decisivo per le strategie future della Lega e la sua proiezione nazionale.
Le possibili conseguenze sul consenso e la coesione nella maggioranza di centrodestra
Il patto sui dazi rappresenta una prova importante per la coesione interna della coalizione di governo. I tre leader, pur appartenendo allo stesso schieramento, si muovono su terreni politici diversi, con modi distinti di interpretare l’intesa con Washington e le sue ripercussioni.
La leadership di Meloni punta a mantenere la linea del dialogo e della mediazione internazionale, sperando di non perdere consenso tra i moderati e gli imprenditori. Tajani si concentra invece sulla tutela dell’identità europeista di Forza Italia e sul sostegno al mondo industriale colpito dalle tariffe. Salvini, nel frattempo, bilancia una posizione più critica con la necessità di salvaguardare l’unità del centrodestra.
Le prossime settimane saranno decisive per capire se l’accordo sugli scambi commerciali potrà reggere la pressione politica e sociale interna. Le tensioni tra i partiti potrebbero accentuarsi in vista delle elezioni, mentre gli effetti concreti dei dazi iniziano a farsi sentire nel prezzo dei beni e nella sostenibilità delle imprese.
Il governo Meloni resta impegnato in una partita complessa che intreccia diplomazia internazionale, economia nazionale e dinamiche politiche interne. La sua capacità di gestire questo equilibrio condizionerà lo scenario politico italiano per i prossimi mesi.
Ultimo aggiornamento il 29 Luglio 2025 da Serena Fontana