A Roma si avvicina un momento decisivo per la riforma della giustizia italiana. Dopo il via libera della Camera, il ddl Meloni-Nordio, che introduce la separazione tra pm e giudici, sarà messo ai voti martedì pomeriggio a Palazzo Madama. Questa legge, al centro della legislatura in corso, apre anche la strada a un referendum previsto per la primavera del 2026. Il provvedimento è al centro di forti tensioni politiche e di polemiche con la magistratura.
Martedì il Senato conferma la riforma senza sorprese
Palazzo Madama si prepara a un appuntamento cruciale: martedì alle 16.30 il Senato voterà la legge già approvata dalla Camera. Il testo, frutto del lavoro del governo Meloni e del ministro Nordio, punta a separare definitivamente le carriere di giudici e pubblici ministeri. Questa seconda lettura sarà una semplice conferma, senza modifiche, come previsto dal calendario parlamentare. Una volta approvato definitivamente, si passerà alla fase del referendum che coinvolgerà direttamente gli italiani.
La riforma, sostenuta da tempo da Forza Italia, assume un peso politico ancora maggiore dopo la recente scomparsa di Silvio Berlusconi, uno dei suoi principali sostenitori. Maurizio Gasparri ha sottolineato che “la battaglia va oltre la figura di Berlusconi e ha un valore nazionale, segnando un cambio netto nelle regole della giustizia.” Il fatto che il testo venga confermato senza cambiamenti è un segnale chiaro della determinazione della maggioranza a chiudere la partita.
Centrodestra e opposizione, uno scontro senza tregua
Il ddl è al centro di un acceso confronto tra maggioranza e opposizione. Il centrodestra spinge per il via libera rapido, mentre il centrosinistra e alcuni esponenti dei Verdi lo giudicano pericoloso e incostituzionale. Tra accuse reciproche, i rappresentanti di Forza Italia e Fratelli d’Italia insistono sulla necessità di riformare un sistema giudiziario che, secondo loro, deve tornare a essere più vicino ai cittadini e meno influenzato da giochi interni. Antonio Tajani, intervenendo su un quotidiano nazionale, ha ribadito la volontà di evitare scontri, definendo la riforma “un passo indispensabile per far funzionare meglio la giustizia.”
Dall’altra parte, le opposizioni hanno criticato il percorso della legge, arrivata in Parlamento senza modifiche dopo il passaggio in Consiglio dei ministri. Il nodo più contestato è la norma che impedisce il ricorso in Cassazione contro le decisioni della nuova Alta Corte disciplinare. Secondo molti, questa scelta viola l’articolo 111 della Costituzione, che garantisce il diritto all’appello in Cassazione. Non mancano dubbi sull’incostituzionalità della riforma e si annunciano ricorsi alla Corte costituzionale.
Magistratura in allarme, il governo respinge le accuse
Il fronte più acceso è quello della magistratura. L’Associazione nazionale magistrati , guidata da Cesare Parodi, figura vista come vicina al centrodestra, ha espresso critiche misurate ma nette. Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha parlato di “indubbio nervosismo” tra alcuni magistrati, invitandoli a ricordare che la riforma nasce dal Parlamento e non dal governo. Ma questa spiegazione non ha convinto né l’Anm né l’opposizione, che denunciano poca chiarezza nel percorso legislativo e l’assenza di correzioni a errori tecnici del testo.
Il nodo più spinoso resta la mancanza di appello in Cassazione sulle decisioni disciplinari della nuova Alta Corte, una novità senza precedenti nella storia repubblicana. Rocco Maruotti, segretario dell’Anm, ha espresso dubbi sull’intero iter parlamentare. Nel frattempo, esponenti dell’opposizione come Angelo Bonelli e Elly Schlein accusano il governo di voler indebolire la magistratura per nascondere problemi nella gestione del sistema giudiziario.
Dentro la maggioranza, richiami alla calma e all’unità
Anche nella maggioranza emergono segnali di prudenza. Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha definito infondate le accuse rivolte alla maggioranza. Maurizio Lupi ha invece chiesto di abbassare i toni, spiegando che “uno scontro frontale con la magistratura non fa bene a nessuno e rischia di indebolire tutte le istituzioni.” Questi appelli riflettono una consapevolezza diffusa nel governo del rischio di una polarizzazione eccessiva, che potrebbe complicare ulteriormente il cammino della riforma e alimentare nuovi conflitti.
Il voto di martedì al Senato rappresenta quindi una tappa fondamentale, ma il dibattito sul ddl Meloni-Nordio resta acceso e il clima politico è tutt’altro che tranquillo. La strada fino al referendum della primavera 2026 sarà segnata da altre discussioni e scontri.
Ultimo aggiornamento il 20 Luglio 2025 da Elisa Romano