L’istituto nazionale della previdenza sociale ha diffuso i dati aggiornati al 2024 sul sistema pensionistico italiano. L’età media di uscita dal lavoro si è alzata rispetto all’anno precedente, influenzata da nuove regole sulle pensioni anticipate e incentivi per restare più a lungo in attività. La situazione economica dei pensionati presenta inoltre divari marcati tra uomini e donne, sia per numero che per importi percepiti. I numeri del rapporto annuale evidenziano anche un calo del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali negli ultimi cinque anni.
Aumento dell’ età media di pensionamento all’ Inps e effetti delle nuove norme sulle pensioni anticipate 2024
Nel corso del 2024 l’età media alla quale gli italiani lasciano il lavoro è salita a 64,8 anni rispetto ai 64,2 registrati nel 2023. Questo incremento deriva soprattutto dalle modifiche introdotte nella normativa riguardante le pensioni anticipate. In particolare si è adottato il metodo contributivo per calcolare l’importo spettante a chi accede alla cosiddetta quota 103, cioè coloro che raggiungono almeno 62 anni di età con un minimo di 41 anni di contributi versati.
Questa stretta ha reso meno conveniente anticipare il ritiro dal lavoro rispetto agli scorsi anni. Inoltre sono stati messi in campo incentivi volti a favorire la permanenza dei lavoratori più anziani nelle proprie mansioni fino all’età piena della vecchiaia o oltre.
Età media di uscita dal lavoro secondo i dati Inps
Il dato specifico mostra come l’età media effettiva di uscita con la pensione di vecchiaia si attesti ora intorno ai 67,2 anni mentre quella relativa alle uscite anticipate resta più bassa ma comunque superiore ai precedenti valori: circa i61,6 anni.
Questi numeri riflettono una tendenza generale verso una maggiore durata della vita lavorativa degli italiani dovuta sia alle normative previdenziali che alle condizioni economiche generali.
Disparità di genere nei redditi pensionistici: analisi dettagliata dei dati inps sulle differenze tra uomini e donne
I dati relativi agli assegni mensili erogati mostrano differenze significative fra sessi anche nel corso del recente anno. Nel complesso i beneficiari delle prestazioni previdenziali erano circa 16,3 milioni al 31 dicembre 2024, suddivisi quasi equamente fra 7,9 milioni maschi e 8,4 milioni femmine.
Nonostante le donne rappresentino la maggioranza percentuale dei titolari , ricevono solo il 44% dell’intera massa reddituale distribuita dall’inps pari approssimativamente a 364 miliardi euro annui lordi per complessivi pagamenti. Gli uomini invece percepiscono assegni medi superiori di ben 34% rispetto alle colleghe femminili: un importo medio mensile lordo di 2142 euro contro 1595 euro circa.
Questa disparità rispecchia differenze storiche legate al mercato del lavoro italiano dove spesso le carriere professionali femminili risultano frammentate o caratterizzate da livelli retributivi inferiori rispetto agli uomini; ciò incide direttamente sulla composizione degli assegni previdenziali basata sui contributi versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa.
Va segnalato infine che l’importo medio lordo mensile delle prestazioni erogate è cresciuto nell’ultimo anno del 4,4%, indice dell’aumento generale registrato nei trattamenti ma senza colmare completamente le distanze esistenti fra genere e tipologie d’uscita dal mondo occupazionale.
Analisi delle disparità di reddito pensionistico all’ Inps
- Donne: 51% titolari, 44% reddito complessivo
- Uomini: assegno medio superiore del 34%
- Importo medio mensile lordo: 2142 euro uomini, 1595 euro donne
Inps: calo reale delle retribuzioni contrattuali dal 2019 al 2024 nonostante aumenti nominali
Tra gli aspetti rilevati nel rapporto annuale emerge come negli ultimi cinque anni le retribuzioni contrattuali abbiano subito una perdita significativa sul piano reale. Dal 2019 al 2024 infatti sono aumentate nominalmente dell’8,3%, tuttavia questo incremento non ha tenuto conto della crescita molto più sostenuta dei prezzi al consumo nello stesso periodo .
Il risultato concreto consiste quindi in una diminuzione netta superiore ai nove punti percentuali nella capacità d’acquisto effettiva degli stipendi convenuti dai contratti collettivi nazionali. L’inps precisa però come alcune misure fiscali adottate abbiano attenuato parzialmente questa erosione diminuendo l’impatto negativo sulle buste paga nette ricevute dai lavoratori dipendenti.
Andamento delle retribuzioni reali in Italia secondo i dati inps
In termini numerici facendo riferimento ad un valore base pari 100 nel 2019, oggi ci si trova attorno a 108,3: cioè pur avendo aumentato leggermente i salari indicizzati su base nominale questi non bastano ancora per compensare completamente l’inflazione accumulata negli ultimi cinque esercizi finanziari.
Questo fenomeno pesa sulla qualità della vita quotidiana soprattutto nelle fasce sociali con reddito medio-basso dove ogni punto percentuale perso corrisponde ad acquisti rinviati o sacrificabili nel bilancio familiare standard.
Le dinamiche osservate confermano quanto sia delicata la situazione economica interna specie se confrontata con altri indicatori regionali europei in tema salariale ed inflazionistico.
Analisi aggiornata al 2024 del sistema previdenziale italiano gestito dall’ Inps
Al termine dello scorso anno risultavano iscritti presso l’inps circa 16 milioni trecentomila persone titolari almeno di una forma di trattamento previdenziale pubblico. Questi soggetti comprendono tanto chi percepisce trattamenti ordinari – di vecchiaia o anticipati previsti dalla legge – quanto altre categorie speciali prestazioni assistenziali o indennitarie riconosciute secondo specifiche condizioni personali o professionali particolari.
La spesa totale sostenuta dall’ente pubblico ammontava così ad oltre 364 miliardi euro annui lordi provenienti principalmente dalle contribuzioni obbligatorie versate dai cittadini durante tutta la loro attività lavorativa; questa cifra costituisce uno degli impegni finanziari pubblici heavy su cui gravita gran parte della politica sociale italiana contemporanea insieme ad altri capitoli fondamentali quali sanità ed istruzione pubblica.
Politiche Inps e aggiornamenti normativi per la tutela dei lavoratori
Lo studio fornito dall’inps sottolinea inoltre come alcune politiche mirino oggi ad adattare progressivamente limiti anagrafici minimi richiesti affinché si possa lasciare anticipatamente il posto all’attività produttiva garantendo però continuità reddituale adeguata a tutela standardizzata dei diritti acquisiti dagli assicurativi privandoli allo stesso tempo di eventuali privilegi passati specialmente di fronte all’allungamento della aspettativa di vita lavorativa nazionale.
Gli elementi emersi fotografano quindi uno scenario dove lo stato cerca bilanci equilibrati e strategie calibrate sul lavoro per mantenere sostenibilità economica senza perdere attenzione verso fasce vulnerabili ma affrontando cambi strutturali profondi al sistema previdenziale italiano contemporaneo.
Riflettendo su queste dinamiche, io penso che l’aumento dell’età media di pensionamento rappresenti una sfida significativa per il nostro paese, ma anche un’opportunità per ripensare il valore del lavoro nella fase finale della carriera.
politiche previdenziali tra economia e tutela sociale
È essenziale che le politiche previdenziali trovino un equilibrio tra sostenibilità economica e tutela sociale, garantendo che nessuno venga lasciato indietro, soprattutto in considerazione delle disparità di genere e delle difficoltà economiche reali che molte famiglie affrontano.
investimenti e incentivi per un sistema più equo
La mia riflessione è che investire in misure di supporto per le lavoratrici, in incentivi per una carriera lavorativa più stabile e in adeguamenti reali dei salari potrebbe rappresentare una strada concreta per costruire un sistema pensionistico più equo e resiliente, capace di accompagnare con dignità tutte le persone nella loro fase di transizione verso la pensione.
Ultimo aggiornamento il 16 Luglio 2025 da Luca Moretti