Home Bozza della nuova legge sulla caccia in Italia: le principali novità e le critiche di Legambiente

Bozza della nuova legge sulla caccia in Italia: le principali novità e le critiche di Legambiente

La bozza di modifica della legge 157 del 1992 sulla caccia in Italia prevede nuove regole per la gestione della fauna selvatica, limitazioni sulle armi e restrizioni alle giornate di caccia.

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La bozza di modifica alla legge 157/1992 propone nuove regole per la gestione della fauna selvatica e la caccia in Italia, limitando armi e giornate di caccia, con particolare attenzione al controllo del cinghiale, ma suscita critiche da Legambiente per il possibile indebolimento della tutela ambientale. - Unita.tv

La proposta di modifica della legge 157 del 1992, che regola la caccia in Italia, è arrivata con una bozza contenente 18 articoli. Il testo punta a ridefinire le norme sulla gestione della fauna selvatica e il prelievo venatorio, con nuovi regolamenti sulle armi utilizzabili, i tempi di caccia e la possibilità di trattenere gli animali abbattuti nei controlli. Il provvedimento ha già alimentato un acceso dibattito, soprattutto dopo le critiche di Legambiente e la richiesta di intervento alla presidente del consiglio Giorgia Meloni.

Come viene gestita la fauna selvatica nella bozza

La bozza della nuova legge individua subito nel primo articolo come si debba gestire la fauna selvatica omeoterma e disciplinare il prelievo venatorio. È un richiamo diretto alla legge del 1992, ma con l’intento di aggiornare alcune regole che regolano la pratica della caccia in Italia. La bozza mantiene il focus sulla protezione e sulla gestione controllata delle specie selvatiche, puntando a definire un quadro normativo più preciso per l’attività venatoria.

Il testo mira a stabilire il bilanciamento tra la tutela degli animali e la possibilità di prelievo per scopi di controllo o attività consuete di caccia. In particolare, il riferimento alla “fauna selvatica omeoterma” indica specie che mantengono costante la temperatura corporea, quindi molti mammiferi e uccelli, soggetti principali dell’attività venatoria. Questo primo articolo definisce un terreno comune per regolamentare tutto il resto del provvedimento, dall’uso di armi alle giornate di caccia, passando per il controllo delle specie che creano danni alle coltivazioni o all’ambiente.

Condizioni tecniche e modalità d’intervento

Questa premessa appare fondamentale per inquadrare il resto della bozza, che precisa anche le condizioni tecniche delle attrezzature e le modalità di intervento sul territorio, lasciando spazio a successivi aggiornamenti ministeriali.

Regolamentazione delle armi e limiti

L’articolo 8 della bozza si sofferma in modo molto dettagliato sulle armi consentite per la pratica venatoria. Si specificano i tipi di fucili ammessi, indicandone calibro, configurazioni e capacità dei caricatori. Per esempio, si tratta di fucili con canna ad anima liscia, fino a due colpi, sia a ripetizione che semiautomatici, con caricatore limitato a due cartucce e calibro non oltre il 12. Inoltre, vengono autorizzati i fucili con canna ad anima rigata, a caricamento singolo manuale o semiautomatico, con calibro non inferiore a 5,6 mm, dotati di caricatore omologato.

Sono ammessi anche fucili combinati a due o tre canne, con una o due canne ad anima liscia calibro 12 e una o due ad anima rigata calibro minimo 5,6 mm, nonché l’uso di arco e falco per la caccia. Queste prescrizioni limitano accesso a armi particolarmente potenti o con grande capacità di ricarica. C’è un ulteriore vincolo importante: i caricatori dei fucili ad anima rigata a ripetizione semiautomatica devono contenere al massimo due cartucce durante la normale attività venatoria. Eccezione è fatta per la caccia al cinghiale, dove il caricatore può arrivare fino a cinque cartucce.

Queste norme evidenziano un tentativo di controllare rigorosamente le attrezzature utilizzate, per evitare eccessi e garantire un controllo più stretto sulle modalità di caccia. Ciò rappresenta una chiave fondamentale per limitare eventuali abusi o situazioni di pericolo per l’ambiente e i cittadini.

Dettagli sulle armi autorizzate

Le limitazioni sulle armi rappresentano un elemento cardine per preservare l’equilibrio tra attività venatoria e sicurezza ambientale.

Tempi e limitazioni alle giornate di caccia

Le regole sui tempi di esercizio dell’attività venatoria vengono modificate in modo significativo. La bozza impone che, salvo eccezioni , il numero delle giornate settimanali dedicate alla caccia non può superare tre. Ciò suggerisce una restrizione più marcata rispetto a quanto consentito prima. Le regioni mantengono però la facoltà di permettere al cacciatore la libera scelta rispetto all’organizzazione delle tre giornate.

Vediamo una sospensione obbligatoria della caccia nei giorni di martedì e venerdì, indipendentemente dalla zona o altre variabili. Questa scelta sembra voler creare una pausa fissa ad metà settimana, forse per ragioni di sicurezza o rispetto degli equilibri ambientali. Questi limiti contribuiscono a disegnare una cornice d’intervento più chiara per i cacciatori, regolamentando tempi specifici e riducendo la possibilità di una caccia eccessivamente estesa o non gestita adeguatamente.

Le eccezioni per la caccia di selezione indicano che alcune pratiche potrebbero restare fuori da questo schema rigido, ma dipenderà da provvedimenti ministeriali in concerto con il comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale .

Controllo del cinghiale e trattenimento degli animali abbattuti

L’articolo 12 della bozza introduce una modifica significativa sulle modalità di controllo della specie cinghiale , particolare problema per molte aziende agricole. Secondo il testo, imprenditori agricoli, proprietari e conduttori di fondi autorizzati possono richiedere l’autorizzazione regionale o provinciale per svolgere attività di controllo del cinghiale. Servirà il possesso di una licenza venatoria e la partecipazione a corsi di formazione specifica autorizzati dagli organi competenti.

Una novità importante è che gli animali abbattuti nell’ambito di queste attività di controllo potranno essere trattenuti come compensazione dei danni subiti e dei costi sostenuti. Le teste uccise devono però essere sottoposte ad analisi igienico-sanitarie per escludere rischi per la salute pubblica prima di poter essere utilizzate o consumate. Questo potrebbe modificare sensibilmente il rapporto tra agricoltori e fauna selvatica, trasformando la gestione del cinghiale in un’attività con benefici diretti per chi subisce danni economici.

La possibilità di detenzione e utilizzo della carne sugli animali controllati è una questione delicata che richiederà controlli puntuali e un sistema sanitario efficiente per evitare rischi sanitari e abusi.

Le critiche di legambiente e l’appello a Giorgia meloni

La bozza della legge non manca di sollevare critiche, in particolare da parte di Legambiente. Stefano Ciafani, presidente dell’associazione, ha definito il testo “una cancellazione degli ultimi 60 anni di politiche di tutela degli animali selvatici”, sottolineando che il decreto violerebbe anche l’articolo 9 della Costituzione, aggiornato nel 2022 con l’inserimento della tutela degli animali tra i principi fondamentali della repubblica.

Il riferimento va anche ai 10 anni dalla legge sui delitti ambientali nel codice penale, momento in cui Legambiente ha fatto un appello diretto alla presidente del consiglio, Giorgia Meloni. L’associazione ha chiesto di fermare quella che definisce una “distruzione legislativa” e invece di completare una riforma iniziata nel 2015 con l’obiettivo di introdurre sanzioni più efficaci contro chi commette crimini contro gli animali. In particolare, Legambiente insiste sul contrasto al bracconaggio e ai traffici illegali di specie protette, che sono regolati anche da direttive europee.

Questa posizione evidenzia un netto scontro tra chi guarda alla caccia come attività da regolare con leggi dettagliate e chi la vede come una minaccia ai diritti degli animali e alla salute degli ecosistemi. Il dibattito resta aperto e la strada legislativa sarà un banco di prova importante per le politiche ambientali italiane.