Home Alla camera dei deputati il giorno della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi con mattarella e meloni

Alla camera dei deputati il giorno della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi con mattarella e meloni

La cerimonia al Parlamento italiano ha commemorato le vittime del terrorismo, con interventi di Sergio Mattarella, Giorgia Meloni e familiari, sottolineando l’importanza della memoria e della legalità.

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La cerimonia al Parlamento italiano ha commemorato le vittime del terrorismo, con la partecipazione di importanti leader istituzionali e familiari, sottolineando l’importanza della memoria, della giustizia e dell’impegno contro ogni forma di violenza. - Unita.tv

La cerimonia al Parlamento italiano ha ricordato le vittime del terrorismo e delle stragi, un appuntamento che ha visto la partecipazione di importanti figure istituzionali come il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i presidenti delle Camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Anche familiari delle vittime hanno preso la parola, sottolineando la necessità di non dimenticare e di mantenere viva la memoria collettiva su quel periodo oscuro della storia italiana.

La celebrazione in aula e i messaggi dei leader politici

Alla Camera dei deputati si è svolta una cerimonia intensa, dedicata specificamente al Giorno della Memoria per chi ha perso la vita a causa del terrorismo e delle stragi. Il presidente Sergio Mattarella ha deposto una corona sotto la lapide di Aldo Moro, in ricordo del 47esimo anniversario dell’omicidio, avvenuto il 9 maggio 1978. Sul posto erano presenti anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e i presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa.

Meloni sui social e l’impegno per la legalità

Meloni sui social ha richiamato l’attualità di quei fatti ricordando Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse, e Peppino Impastato, assassinato dalla mafia. La premier ha ribadito l’impegno a difendere libertà, giustizia e legalità, dicendosi ferma contro ogni forma di violenza politica o mafiosa. Il discorso ha messo a fuoco come quelle tragedie non siano solo episodi del passato ma racconti di vite spezzate che spingono a mantenere alta la guardia sulla democrazia.

Ignazio La Russa ha invece voluto ricordare tre giovani vittime della violenza politica, legate a esperienze molto diverse. Tra loro Sergio Ramelli, ucciso nel 1975, e Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, per cui la magistratura ha recentemente riaperto le indagini. La Russa ha fatto un appello a riconoscere senza distinzioni il sacrificio di tutti, un richiamo alla pietà e al rispetto come base per un percorso di pacificazione nazionale.

Lorenzo Fontana ha sottolineato il ruolo del Parlamento nel mantenere alta l’attenzione su quei fatti e ha ricordato gli sforzi per rendere pubblici atti e documenti delle inchieste. Ha evidenziato la necessità di confermare la fiducia tra Stato e cittadini attraverso la trasparenza e la ricerca della verità.

I ricordi e le emozioni dei familiari delle vittime

Nella stessa giornata, Luciana Milani, madre di Valeria Solesin uccisa nell’attentato terroristico al Bataclan a Parigi nel 2015, ha dedicato parole commosse alle giovani donne italiane. Ha parlato della fuga dei cervelli come una perdita culturale e sociale, mettendo in guardia dalle difficoltà di inserirsi nel mercato del lavoro. Il suo appello è stato forte: sostenere la presenza femminile nel lavoro rappresenta un antidoto fondamentale contro la violenza di genere e l’esclusione sociale.

Milani ha ringraziato premier e altri politici per l’impegno nel ricordare sua figlia, unica italiana vittima di quell’attentato. Ha parlato del trauma della famiglia e di come quella perdita abbia segnato un cambiamento profondo, invitando a non lasciare che la tragedia faccia diventare le persone più dure, ma al contrario a conservarne il ricordo vivo e a proseguire nella lotta contro il terrorismo.

Il caso di giovanni d’alfonso, il carabiniere ucciso nel 1975

Bruno D’Alfonso, figlio del carabiniere Giovanni D’Alfonso, ha ripercorso il dramma personale che da mezzo secolo riguarda il caso del padre, ucciso in uno scontro a fuoco con i brigatisti il 5 giugno 1975. Il figlio ha raccontato di come da bambino apprese la notizia della morte e dell’impegno che ha preso per riaprire il processo giudiziario. Quel dibattimento è in corso e rappresenta il tentativo di chiudere una ferita ancora aperta.

D’Alfonso ha fatto un appello a una maggiore presenza dello Stato nel garantire giustizia senza lasciare invisibili le vittime. La sua testimonianza ha toccato profondamente chi era presente in aula ed è stata salutata con un lungo applauso.

Il peso della memoria storica e il ruolo delle istituzioni

La cerimonia nella sala di Montecitorio ha mostrato come la memoria delle vittime del terrorismo resti un nodo delicato e ancora irrisolto per molti aspetti. I rappresentanti istituzionali hanno ricordato come non tutto sia stato chiarito negli anni passati e che sia indispensabile continuare a sostenere le famiglie coinvolte nella ricerca della verità.

L’attenzione del Parlamento si è manifestata soprattutto attraverso la pubblicazione dei documenti raccolti dalle commissioni d’inchiesta, un atto concreto che consente di rinsaldare la fiducia tra Stato e cittadini. Lo sforzo appare fondamentale per evitare che il passato venga dimenticato e per tutelare i valori di libertà e legalità, messi a dura prova da episodi di violenza politica e mafiosa.

In questo contesto, la figura di Aldo Moro ha assunto un significato simbolico molto forte, rappresentando il sacrificio delle istituzioni davanti all’incubo del terrorismo. La sua morte, avvenuta 47 anni fa in via Caetani, continua a essere il monito più eloquente contro ogni forma di oppressione che vuole minare lo stato democratico.