Una delegazione italiana di 40 persone è arrivata al Cairo per partecipare alla marcia globale verso Gaza, ma la polizia egiziana blocca ogni movimento e limita le libertà.
Silvia Severini, 53 anni di Ancona, è una delle italiane arrivate al Cairo nella serata del 13 giugno con una delegazione di circa 40 persone. L’obiettivo? Partecipare alla “Marcia globale verso Gaza” prevista per il 15 giugno. Ma appena sbarcati in Egitto, hanno capito che non sarebbe stato facile.
“L’attenzione che l’Egitto ha nei nostri confronti si vede subito”, racconta Silvia all’ANSA. “La polizia è schierata fuori dagli alberghi dove alloggiamo. Chi ci ospita ci dice se possiamo uscire o meno”. Un clima di controllo stretto che limita ogni iniziativa.
Un controllo senza precedenti agli ingressi
Le autorità egiziane chiedono i passaporti a ogni passo. “Un ragazzo italiano è stato circondato dagli agenti”, spiega Silvia. La delegazione si muove sempre in gruppo, attenta a non attirare attenzioni indesiderate.
Un dettaglio importante riguarda i social network: “Ci hanno consigliato di togliere i post dedicati a Gaza perché qui ti fermano, ti prendono il telefono e se trovano la parola ‘Gaza’ ti creano problemi”. Un modo chiaro per limitare la diffusione delle informazioni e controllare il messaggio della marcia.
La strategia dietro la marcia
I promotori dell’iniziativa vogliono negoziare l’apertura del terminal di Rafah con le autorità egiziane. L’obiettivo è far passare aiuti umanitari attraverso questo valico fondamentale tra Egitto e Gaza.
La marcia punta a creare una forte pressione morale e mediatica internazionale grazie alla presenza civile massiccia, coinvolgendo ong, diplomatici e istituzioni umanitarie da oltre 30 Paesi.
Limiti rigidi nonostante segnali di apertura
Silvia ammette che la marcia vera e propria probabilmente non si farà: “L’Egitto ha fatto ostruzione già ieri in aeroporto e ora ci segue ovunque”. Prima dell’arrivo avevano avuto segnali di apertura da parte egiziana durante gli incontri preparatori.
“Abbiamo sempre detto che se avessero bloccato l’iniziativa ci saremmo attenuti alle regole”, aggiunge Severini. Per ora sono fermi negli alberghi per tutelare la loro sicurezza personale.
Il sostegno nascosto dei cittadini egiziani
Nonostante le difficoltà ufficiali, alcuni cittadini egiziani incontrati dalla delegazione mostrano solidarietà. “Si commuovono quando raccontiamo il significato della marcia pacifica”, conclude Silvia.
Questo supporto umano resta un segnale importante in un contesto politico molto complesso dove le istituzioni impongono limiti rigidi ma tra la gente comune c’è empatia verso chi vuole portare aiuti a Gaza.
La situazione al Cairo resta quindi bloccata tra controlli serrati delle autorità e un desiderio diffuso di pace espresso dalla società civile. La delegazione italiana continua a monitorare gli sviluppi mentre cerca modi sicuri per far sentire la propria voce senza mettere a rischio nessuno dei partecipanti.