
I referendum del 2025 su lavoro e cittadinanza hanno registrato un'affluenza del 30,6%, sotto il quorum, con maggiore partecipazione nel centro-nord e tra donne, laureati e cittadini urbani, evidenziando forti disparità territoriali e sociali. - Unita.tv
I referendum svolti nel 2025 su temi di lavoro e cittadinanza hanno registrato una partecipazione al di sotto del quorum. L’affluenza complessiva si è fermata al 30,6%, molto lontana dalla soglia richiesta per la validità delle consultazioni popolari. Il dato emerge dai risultati diffusi dal ministero dell’Interno e confermati dalle analisi sociopolitiche di Youtrend. Le urne hanno riflesso dinamiche territoriali e demografiche specifiche, offrendo uno spaccato delle preferenze elettorali e delle questioni sociali al centro del dibattito pubblico.
Affluenza e geografica: centro-nord traina mentre il sud resta indietro
Le rilevazioni mostrano una differenza netta tra le diverse aree geografiche italiane. Nel centro-nord si è registrata un’adesione superiore alla media nazionale, con una affluenza che si aggira attorno al 36%. Le città più grandi come Milano, Torino, Firenze e Bologna hanno superato la percentuale media, segno di un coinvolgimento più forte da parte degli elettori urbani. Firenze e Bologna, in particolare, hanno fatto segnare rispettivamente il 46,93 e il 47,67% di partecipazione. Questo valore in alcune zone centrali e a traffico limitato delle metropoli coincide con una maggioranza di voti favorevoli sul quesito riguardante la cittadinanza, soprattutto in Milano e Torino.
Al contrario, il sud mostra un fenomeno di scarsa partecipazione elettorale. In Sicilia l’affluenza è stata del 23%, dati ancora più bassi che indicano un coinvolgimento limitato degli elettori. La Sardegna si posiziona poco sopra, al 27%, complici le amministrative in sette comuni, tra cui Nuoro, dove sono state superate le soglie di partecipazione. La provincia di Bolzano, tra le regioni settentrionali, è uscita male dalla sfida con solo il 15,9% dei votanti. Questo scarto tra nord e sud evidenzia una forte disparità nella partecipazione politica soprattutto in occasione di consultazioni non obbligatorie.
Profili socio-demografici del voto: donne in crescita e contributo di laureati e aree urbane
Un dato che emerge con chiarezza riguarda la composizione demografica dei votanti. Le donne hanno superato gli uomini alle urne, un’inversione di tendenza rispetto alle elezioni europee dell’anno precedente. Hanno votato il 31,3% delle donne contro il 29,1% degli uomini. Esperti come Lorenzo Pregliasco di Youtrend spiegano questa differenza sottolineando che, soprattutto tra i giovani, le donne risultano più coinvolte nelle posizioni progressiste, da cui deriverebbe una maggiore propensione al voto in questa tornata.
Il livello di istruzione ha influito non poco sulla partecipazione elettorale. Nelle città dove la percentuale dei laureati supera il 20%, l’affluenza si è alzata fino al 36,7%. Questo dato conferma che un’area sociale con maggiore scolarizzazione si è mostrata più motivata a esprimersi. Anche la dimensione demografica del comune incide: nei centri con più di 100mila abitanti la media dell’affluenza si attesta al 35,5%. Torino, Milano, Genova e Roma rappresentano esempi evidenti di questa correlazione tra grandezza urbana e partecipazione.
Impatto politico e distribuzione dei voti: questioni di coalizioni e territori
Il voto ha mostrato un imprinting politico chiaro, con un forte legame tra la partecipazione e le aree di influenza del Partito democratico e di altre forze progressiste come Avs. Le città in cui queste formazioni risultano radicate hanno visto una maggiore mobilitazione degli elettori. Firenze e Bologna ne sono la prova concreta. Il quesito sulla cittadinanza ha incontrato un numero più alto di sì soprattutto nelle zone centrali e più benestanti delle grandi città. Al contrario, i referendum dedicati ai temi del lavoro hanno convinto di più gli abitanti delle zone popolari, come i quartieri San Salvario, Aurora e Mirafiori a Torino.
Questo dettaglio segna una spaccatura non solo territoriale ma anche sociale sui diversi temi trattati nei referendum. La partecipazione complessiva però resta al di sotto del quorum necessario per la convalida, conseguenza di un diffuso astensionismo che troneggia ancora una volta in queste consultazioni. Da ricordare che, nonostante il flop, questa affluenza resta superiore rispetto al 20,9% dei referendum sulla giustizia del 2022, mentre rimane leggermente inferiore al 31,19% del 2016 riguardante le trivellazioni marine, due altri casi recenti con bassissima risposta al voto.
Il peso politico della chiamata alle urne
Il peso politico della chiamata alle urne ha condizionato le scelte dei cittadini in modo rilevante. Il profilo del votante appare in linea con una partecipazione selettiva, in cui solo chi si sente parte di un determinato schieramento si è recato alle urne. La presenza di un’identità progressista e di livelli elevati di istruzione si è tradotta in una maggior presenza alle urne in certe aree, lasciando vuote diverse altre.