Addio a roberto maggi, giornalista ansa e grande esperto del giappone
Roberto Maggi, giornalista dell’ANSA e esperto del Giappone, è scomparso. Ha dedicato la sua carriera a raccontare il paese asiatico, ricevendo riconoscimenti per il suo impegno professionale.

Roberto Maggi, giornalista dell’ANSA esperto del Giappone, è scomparso. Nato a Genova nel 1946, ha dedicato la sua carriera a raccontare il paese asiatico, ricoprendo ruoli chiave a Tokyo e ottenendo riconoscimenti per il suo impegno nel giornalismo internazionale. - Unita.tv
Roberto Maggi, giornalista dell’ANSA che ha dedicato gran parte della sua vita professionale al racconto del Giappone, è scomparso. Nato a Genova nel 1946, Maggi ha vissuto un percorso ricco di svolte, dalla missione religiosa al giornalismo internazionale. La sua carriera si è intrecciata con la storia contemporanea del paese asiatico, che ha seguito da vicino come corrispondente e capo redazione dell’agenzia.
Gli anni giovanili e la vocazione religiosa in giappone
Roberto Maggi è nato a Genova il 23 marzo 1946. Inizialmente seguì una strada lontana dal giornalismo: arrivò in Giappone come religioso del Pime, il Pontificio istituto delle missioni estere. Qui ha vissuto esperienze che lo hanno segnato profondamente, tanto da decidere di abbandonare la vocazione religiosa per dedicarsi a un’altra passione. Il cambiamento di rotta avvenne proprio in territorio nipponico e diede il via a una lunga carriera nel campo dell’informazione.
I primi passi da giornalista li mosse nel 1983 entrando come collaboratore all’ANSA, il più importante servizio di informazione italiano. L’anno successivo diventò praticante, iniziando un percorso che lo avrebbe portato a diventare un punto di riferimento per le notizie dal Giappone.
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Il ruolo di corrispondente e capo ufficio a tokyo
Dopo alcuni anni trascorsi nella redazione romana, Roberto Maggi tornò in Giappone nel 1987 per prendere la guida dell’ufficio ANSA a Tokyo. Rimase in carica fino al 1991, curando le notizie che raccontavano un paese in rapido cambiamento e molte volte al centro dell’attenzione internazionale.
La sua esperienza a Tokyo non si interruppe con il trasferimento in Italia: dal 2001 al 2006 tornò infatti in Giappone come capo dell’ufficio ANSA. In quegli anni seguì eventi cruciali, dallo sviluppo tecnologico alle trasformazioni sociali e politiche. La sua presenza sul campo garantiva una copertura attenta e dettagliata, apprezzata sia dai lettori italiani che dagli addetti ai lavori.
Riconoscimenti e il finale della carriera giornalistica
Nel corso della sua carriera Roberto Maggi ricevette vari riconoscimenti per il lavoro svolto. Tra questi, il premio giornalistico Umberto Agnelli conferitogli alla Farnesina dal presidente della Fondazione Italia-Giappone John Elkann. Questo premio celebra l’impegno nel raccontare con serietà e competenza i temi legati al Giappone e ai rapporti tra i due paesi.
Maggi chiuse la sua attività professionale nel 2010, guidando negli ultimi anni la redazione Esteri dell’ANSA come caporedattore. Aveva il compito di coordinare le notizie internazionali, lavorando a contatto con colleghi di tutto il mondo e mantenendo lo standard di qualità che lo aveva contraddistinto per decenni.
Un ricordo tra colleghi e familiare
I colleghi di Roberto Maggi lo ricordano come un uomo gentile, riservato e mai sopra le righe. Un “gentiluomo d’altri tempi”, uno che preferiva lasciare spazio al lavoro piuttosto che al protagonismo personale. Era disponibile nel trasmettere conoscenze e consigli alle nuove leve del giornalismo, mostrando pazienza e umanità.
La scomparsa di Maggi lascia un vuoto nel mondo dell’informazione, soprattutto tra chi si occupa di esteri e in particolare dell’Asia. Oltre al suo lavoro, lascia la moglie e tre figlie, persone con cui ha condiviso gran parte della sua vita. Il legame con Genova, città natale, rimane parte importante della sua storia personale.
Roberto Maggi ha interpretato il ruolo di giornalista con dedizione e impegno, specializzandosi in un’area del mondo di grande complessità. Il suo passato da missionario e la capacità di immergersi nelle culture estere hanno segnato il suo modo di raccontare la realtà, rendendo più vicini lettori e fatti lontani.