Home 35 anni dalla rimozione dell’omosessualità come malattia mentale e il percorso contro le discriminazioni in italia

35 anni dalla rimozione dell’omosessualità come malattia mentale e il percorso contro le discriminazioni in italia

Nel 1990, l’Organizzazione mondiale della sanità rimosse l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, ma le discriminazioni persistono in Italia e in Europa, richiedendo un impegno collettivo per il cambiamento.

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L’articolo ripercorre la rimozione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali da parte dell’OMS nel 1990, evidenziando i progressi e le sfide ancora presenti, soprattutto in Italia, riguardo a discriminazioni e violenze contro le persone LGBTQ+, sottolineando l’importanza dell’inclusione e del rispetto promossi anche dalle istituzioni. - Unita.tv

Nel 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità eliminò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Fu un momento che segnò il superamento di una classificazione basata su pregiudizi, dando avvio a un cambiamento culturale verso il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQ+. Nonostante questo, le discriminazioni permangono, come indicano dati recenti sull’Unione europea, soprattutto in Italia dove violenze e bullismo rimangono problemi concreti. Alla vigilia della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, il presidente Sergio Mattarella ha richiamato l’attenzione sull’importanza del rispetto e dell’inclusione.

L’impatto della rimozione dall’elenco delle malattie mentali

Nel lontano 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità tolse l’omosessualità dal suo manuale diagnostico come malattia mentale. Fino a quel momento, quella definizione aveva sostenuto stereotipi e giudizi medici errati, alimentando stigma sociali profondi. La decisione dell’Oms rappresentò una presa di posizione ufficiale non solo medica ma anche morale, aprendo la strada a un nuovo approccio che guarda all’orientamento sessuale come a un aspetto naturale dell’identità umana.

Questo atto influì sulle legislazioni in diversi paesi, spingendo molte nazioni a rivedere norme discriminatorie o punitive nei confronti delle persone omosessuali. Fu il primo passo in un lungo percorso verso il riconoscimento dei diritti civili e l’affermazione della dignità di tutti i cittadini. Anche nella cultura e nella società, quest’evento ha provocato un dibattito più aperto e la nascita di movimenti per i diritti LGBTQ+. Si è cominciato finalmente a parlare con più consapevolezza e a contrastare false concezioni radicate da decenni.

I limiti del cambiamento simbolico

Malgrado i progressi, l’eredità di decenni di stigmatizzazione resta ancora viva in molte società. La rimozione dall’elenco delle malattie mentali ha avuto valore simbolico e giuridico, ma non ha annullato paure, pregiudizi e violenze diffuse. Da allora, si è aperta una sfida culturale e sociale che interessa le istituzioni, le scuole e le comunità.

La discriminazione oggi in italia

I dati più recenti dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali evidenziano che le discriminazioni verso le persone LGBTQ+ continuano a rappresentare un problema concreto in Europa e in Italia. Molti giovani segnalano di subire episodi di bullismo nelle scuole e negli ambienti di lavoro a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere.

Le violenze non sono sempre visibili all’esterno. Spesso si consumano dentro le mura domestiche, dove le vittime temono di non essere comprese o addirittura condannate. Questa realtà silenziosa alimenta un clima di timore che limita la libertà di esprimersi e vivere autenticamente. In alcuni casi, la pressione sociale porta a gravi conseguenze psicologiche e a un aumento dei tassi di disagio mentale tra le persone LGBTQ+.

La persistente ineguaglianza mette in evidenza la distanza tra i principi sanciti dalla legge e la quotidianità di molte persone. Non basta più riconoscere formalmente i diritti; è necessario garantire strumenti di protezione e formazione che incidano realmente sui comportamenti sociali e culturali.

Il richiamo della costituzione italiana

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia che contrastare ogni forma di emarginazione è un dovere esplicito della Costituzione italiana. La Carta fondamentale tutela il diritto alla pari dignità di ogni individuo e impegna lo Stato a garantire la tutela dei diritti senza discriminazioni.

L’Italia ha assunto impegni precisi anche a livello internazionale, aderendo a trattati e convenzioni che promuovono l’uguaglianza e la non discriminazione. Questi impegni richiedono un’attuazione concreta nelle strutture pubbliche, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, ma anche nella società civile.

Mattarella ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento di tutti i cittadini nel costruire comunità dove il rispetto per le differenze sia un valore condiviso. Il messaggio di fondo è quello di promuovere un tessuto sociale inclusivo, capace di riconoscere nelle diversità una ricchezza da proteggere e valorizzare.

Vivere insieme e il potere delle comunità

Il tema scelto per la recente Giornata internazionaleil potere delle comunità — mette al centro la capacità collettiva di costruire spazi di convivenza basati sul rispetto reciproco. Una comunità accogliente sa rendere più giusta e coesa la società in cui vive. Il riconoscimento e la tutela delle identità diverse sono elementi essenziali per garantire libertà a tutti.

La vita insieme richiede equilibrio tra diritti, doveri e relazioni quotidiane. Le comunità più inclusive creano condizioni favorevoli a una convivenza libera da pregiudizi e violenze. Le esperienze dimostrano come la partecipazione attiva di ogni singola persona contribuisca a sconfiggere discriminazioni ancora diffuse, soprattutto nei contesti più fragili.

L’impegno delle istituzioni, delle associazioni e dei cittadini è necessario per promuovere la consapevolezza e favorire il cambiamento culturale. Solo così sarà possibile andare oltre le divisioni e costruire società in cui la differenza smette di essere motivo di esclusione o paura.