la tragedia del 6 febbraio 2023 in turchia e l’assenza di risposte concrete a due anni dal terremoto
Due anni dopo il terremoto del 6 febbraio 2023 in Turchia, le promesse di ricostruzione restano in gran parte disattese, mentre Istanbul affronta il rischio di nuovi disastri sismici.

Il terremoto del 6 febbraio 2023 ha devastato il sud della Turchia, causando migliaia di morti e gravi ritardi nella ricostruzione, mentre permane il rischio sismico a Istanbul e la mancanza di giustizia per le vittime. - Unita.tv
Il 6 febbraio 2023 ha segnato una delle pagine più drammatiche della storia recente della turchia. Una scossa devastante ha colpito 11 province del sud, lasciando dietro di sé decine di migliaia di vittime e centinaia di migliaia di persone ferite o senza casa. Passati quasi due anni da quella notte, la situazione nei territori colpiti resta critica. Molti fuggiti dalle loro case continuano a vivere in condizioni precarie, mentre le promesse di ricostruzione e di giustizia sono ancora lontane dall’essere rispettate. Il rischio di nuovi disastri incombe soprattutto su istanbul, città in bilico su una faglia attiva.
Il terremoto del 6 febbraio 2023 e le sue conseguenze immediate
La mattina del 6 febbraio 2023, poco prima dell’alba, un violento terremoto ha colpito il sud della turchia, colpendo duramente undici province. I numeri ufficiali raccontano di quasi 50.000 morti e oltre 100.000 feriti, mentre migliaia di famiglie hanno visto la loro vita rovinata. Il sisma ha distrutto case, scuole e infrastrutture, trasformando interi quartieri in cumuli di macerie. In molte aree, la mancanza di adeguate strutture di emergenza ha aggravato la crisi umanitaria.
La catastrofe del secolo
Il sisma è stato definito dalla stampa internazionale “la catastrofe del secolo”. Le immagini trasmesse in quei giorni mostravano la disperazione di chi aveva perso tutto. Numerosi rifugi temporanei furono allestiti, ma la protezione degli sfollati è stata spesso insufficiente. L’attività economica si è interrotta in molte zone, lasciando centinaia di migliaia di persone senza mezzi di sostentamento. A distanza di quasi due anni, le condizioni di gran parte dei sopravvissuti non sono migliorate.
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Le promesse del governo e i ritardi nella ricostruzione
Dopo il terremoto il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato un piano per costruire quasi 319.000 nuove abitazioni entro febbraio 2024 e un totale di 680.000 case entro il 2025. Questi impegni hanno coinciso con la campagna elettorale per le elezioni generali, permettendo così a Erdoğan e al suo partito, l’AKP, di mantenere una base elettorale rilevante nelle zone colpite.
Tuttavia, il ritmo della ricostruzione è stato molto più lento del previsto. A gennaio 2025, risultavano completate appena 169.171 abitazioni, poco più del 30 percento rispetto alla cifra inizialmente prevista. Molti sopravvissuti vivono ancora in tende o container, spesso senza accesso a servizi fondamentali come l’elettricità o l’acqua potabile. Di fatto, migliaia di persone sono costrette a condizioni di vita di fortuna, in campi temporanei sparsi nelle province colpite.
La sicurezza delle costruzioni
Un altro punto critico riguarda le questioni legate alla sicurezza delle costruzioni: il governo aveva concesso amnistie e sanzionato solo con multe leggere i costruttori che non avevano rispettato le norme antisismiche. Le richieste di maggior controllo sui cantieri da parte degli oppositori sono state respinte. Diverse aree destinate all’accoglienza temporanea sono state eliminate, e il settore edilizio ha visto un aumento di attività, senza un reale controllo che garantisse standard adeguati.
L’assenza di giustizia per le vittime e la mancanza di responsabilità
Due anni dopo il disastro, molte famiglie non hanno ancora trovato i loro cari scomparsi. Le autorità non hanno dimostrato la volontà di affrontare seriamente le responsabilità. Le indagini aperte sono numerose, ma i procedimenti giudiziari sono pochi e quasi sempre inefficaci. Soltanto 75 casi sono stati portati a termine, con circa 130 condanne per reati legati al disastro. I condannati sono principalmente tecnici e operai a contratto; nessun alto funzionario o politico ha subito pesanti provvedimenti.
La Camera dei geofisici e l’Unione turca delle Camere degli ingegneri e architetti hanno denunciato la mancanza di pene per chi ha favorito la costruzione di edifici pericolosi. Le indagini sono state lente e incomplete, con molti responsabili mai chiamati a rispondere delle loro azioni. La mancanza di un sistema di controllo indipendente ha favorito il continuare di pratiche rischiose.
Le critiche dell’opposizione
Durante una cerimonia a Malatya, Veli Ağbaba, parlamentare dell’opposizione, ha puntato il dito sulle mancate punizioni per politici e burocrati. Ha sottolineato come il terremoto abbia rivelato le carenze del governo nel far rispettare norme fondamentali per la sicurezza della popolazione. La sensazione diffusa tra le famiglie colpite è quella di un’abbandono sia nelle risposte umanitarie sia nel cammino verso la giustizia.
Il ricordo del disastro e le richieste di trasparenza sui social
Il secondo anniversario del terremoto è stato ricordato con campagne social e hashtag come #6Şubat e #Unutmayacağız, che hanno spinto il pubblico a non dimenticare la tragedia. Altri slogan si sono concentrati sulle promesse non mantenute, con appelli diretti alle autorità, come nell’hashtag #SesimiDuyanVarmı.
Emergono inoltre accuse di scorrettezze nella gestione degli aiuti umanitari. Alcune indagini hanno rivelato che organizzazioni come la Croce Rossa, invece di offrire tende gratuitamente, le hanno vendute ai sopravvissuti. Manifestanti contro queste pratiche sono stati perseguiti dalla giustizia. Numerosi attivisti e giornalisti hanno segnalato il mancato rispetto dei diritti dei cittadini colpiti e la scomparsa degli spazi di solidarietà.
Questi episodi rappresentano un ulteriore motivo di scontento e rabbia tra chi ha vissuto la tragedia. La mancanza di equilibrio tra chi lotta per la memoria e chi sembra ignorare le sofferenze alimenta la tensione nei territori colpiti.
Le minacce di nuovi terremoti a istanbul e le sfide degli abitanti
I problemi della turchia non si fermano alle province del sud. Istanbul, con oltre 16 milioni di abitanti, sorge su una faglia attiva e il rischio di un terremoto devastante è reale. Dal 1999, quando un sisma di magnitudo 7,5 causò 18.000 morti e centinaia di migliaia di sfollati, le condizioni di sicurezza della città non sono cambiate in modo sostanziale.
Il pericolo della penisola di armutlu
La penisola di Armutlu, a sud di istanbul, rappresenta un punto critico per la formazione di terremoti distruttivi. Gli esperti mettono in guardia da un possibile sisma di magnitudo 6 o 7 entro il 2030. I quartieri più esposti presentano gravi problemi legati a costruzioni inadeguate, vecchi immobili e mancanza di spazi per l’evacuazione.
Murat Kurum, ex ministro dell’Ambiente e dello Sviluppo Urbano, ha dichiarato che istanbul non è pronta a resistere a un altro sisma. Le sue parole hanno acceso polemiche, dato che durante il suo mandato sono state concesse deroghe che hanno favorito nuove costruzioni senza controlli sufficienti. Kurum ha ricevuto molte critiche per la gestione delle terre e la tutela degli spazi verdi.
Nel 2024 Kurum ha tentato la scalata politica candidandosi a sindaco di istanbul, ma è stato sconfitto da Ekrem Imamoglu, già sindaco della città. Di fronte a questa situazione, molti cittadini si chiedono chi li aiuterà in caso di una nuova emergenza. Tra la paura e la speranza, la domanda resta aperta: istanbul e la turchia saranno pronte per affrontare un altro grande terremoto?