Un forte terremoto ha colpito la media Valle dell’Aterno alle prime ore del mattino del 24 giugno 1958, con epicentro nell’area oggi conosciuta come nucleo industriale Bazzano–Paganica, ai piedi del monte Bazzano. L’evento ha interessato direttamente la città dell’Aquila e diversi paesi limitrofi, provocando danni significativi a edifici storici e abitazioni. Nonostante la sua intensità, questo sisma è stato in gran parte dimenticato dalla memoria collettiva locale. Il racconto di quel momento storico offre spunti importanti sulla necessità di riconoscere e studiare la storia sismica per migliorare la prevenzione nel territorio aquilano.
Il sisma del 24 giugno 1958: caratteristiche e aree colpite
Alle ore 7:07 della mattina di quel giorno, un terremoto con epicentro nella zona che oggi ospita il nucleo industriale Bazzano–Paganica ha scosso violentemente tutta la media Valle dell’Aterno. La scossa si è fatta sentire non solo nell’aquilano ma anche in vaste zone delle regioni Umbria, Marche e Lazio. I centri più colpiti sono stati Paganica, Bazzano, Onna, Camarda, San Demetrio e altri piccoli comuni intorno all’Aquila.
Il sisma causò crolli parziali o lesioni gravi a molti edifici nei paesi vicini all’epicentro; molte persone trascorsero giorni fuori dalle loro case per timore di nuove scosse o cedimenti strutturali improvvisi. In effetti anche nelle zone urbane più grandi come L’Aquila i danni furono rilevanti: alcune chiese storiche riportarono crepe profonde che richiesero interventi urgenti; scuole ed edifici pubblici subirono danni tali da renderli temporaneamente inutilizzabili.
La forza del terremoto era tale da aver lasciato un segno indelebile sulle strutture architettoniche antiche ma non riuscì a entrare stabilmente nella coscienza collettiva degli abitanti né nelle cronache nazionali in modo duraturo.
Le conseguenze materiali sui monumenti storici e gli edifici pubblici
Tra i luoghi simbolo danneggiati dal sisma ci fu certamente la basilica di San Bernardino nell’aquilano che riportò lesioni gravi al punto da richiedere lunghi lavori di consolidamento successivi alla scossa. Anche la cupola della basilica di Collemaggio subì crepe evidenti mentre parti importanti come il secondo piano e le coperture del castello cinquecentesco mostrarono segni chiari dei movimenti tellurici.
Nella cattedrale cittadina crollarono alcune sovrastrutture interne dedicate all’altare di Sant’Emidio mentre altre costruzioni civili soffrirono danno ingente: tra queste figurava una scuola media situata in via Sassa oltre alla copertura estesa circa seicento metri quadrati dell’ex mattatoio comunale . Molti cornicioni caddero nelle vie centrali creando situazioni pericolose per pedoni ed automobilisti.
Gli edifici dichiarati temporaneamente inagibili erano numerosi tanto che buona parte della popolazione rimase lontana dalle proprie case almeno nei primi giorni dopo il terremoto.
L’oblio storico attorno al sisma e l’appello alla prevenzione
Nonostante i danno rilevanti causati dal sisma nel ’58 – così come quelli avvenuti negli anni precedenti – questi eventi rimasero ai margini delle cronache ufficiale locali fino ad essere quasi dimenticati dalla comunità aquilana stessa.
A sottolineare questa mancanza è Claudio Panone docente universitario che definisce questa dimenticanza “una negligenza” rispetto alla storia sismica locale fondamentale per comprendere rischiosità reale sul territorio. Secondo Panone ignorare questi eventi significa perdere occasionI preziose per prepararsi meglio ad eventualità future analoghe.
Il professore ricorda inoltre analogie tra questo evento ed altri accaduti secoli prima, come quello devastante nel 1461, evidenziando quanto spesso si ripetano fenomenologie simili senza però ricevere adeguata attenzione preventiva.
Rischio sismico attuale nella valle dell’aterno tra faglie attive ed esperienze passate
La media Valle dell’Aterno resta una zona caratterizzata da elevata attività sismica dovuta alle faglie presenti lungo l’Appennino centrale. Questi sistemi geologici possono generare fortissimi movimenti tellurici fino quasi al grado sette sulla scala Mw, mettendo costantemente sotto pressione centri abitati antichi ma ancora molto popolosi.
L’esperienza dolorosa vissuta dall’Aquila durante il terribile evento del sei aprile duemilanove dimostra quanto sia stata sottovalutata questa realtà: pochi mesi prima infatti alcuni esperti affermavano assenza totale d’allarme nonostante segnali premonitori fossero già presenti. La notte stessa quella previsione errata portò a una tragedia con oltre trecento vittime.
Panone richiama proprio su questo episodio ricordando errorI istituzionali consistenti nell’ignorare segnali provenienti dalla storia geologica ma anche dai cosiddetti foreshocks cioè piccole scosse precursori spesso presenti prima dei grandi eventi principali.
Responsabilità sociale verso prevenzione consapevole secondo gli esperti
Per affrontare davvero i rischI legatI ai terremoti serve un impegno diffuso capace coinvolgere tutta società civile. Lo spiega bene Vincenzo Petrini, noto sismologo citato dallo stesso Panone: solo attraverso una conoscenza diffusa delle cause realI dei fenomenI telluricI, degli effetti concreti possibili sulle persone e sugli ambientIe delle misure concrete adottabili si può creare consenso necessario affinché politiche preventive diventino operative efficaci.
Questo significa superare indifferenze culturali o false sicurezze basate su negazioni scientifiche. Serve invece recuperaRe memoria storICA E dati concreTI PER costruire strategie solide capacE DI ridurre impatti futuri senza affidarsi al caso o all’improvvisazione.
Riprendere quindi quei capitoli troppo spesso trascurATI DELLA STORIA LOCALE rappresenta IL primo passo concreto PER proteggERE IL TERRITORIO DA NUOVE TRAGEDIE DI NATURA SIMILE