Secondo i giudici e l’Ispettorato del lavoro, pagare il Tfr ogni mese è illegittimo: chi l’ha ricevuto così potrebbe ottenere un conguaglio importante
Molti lavoratori scoprono solo ora che ricevere il Tfr ogni mese in busta paga è una prassi scorretta. La Corte di Cassazione e l’Ispettorato del lavoro l’hanno dichiarata illegittima, con effetti che potrebbero tradursi in una cifra più alta da ricevere in busta paga o alla fine del rapporto.
La Cassazione boccia il Tfr mensile: cosa cambia per i lavoratori
Negli ultimi anni sempre più aziende hanno scelto di pagare il Tfr mensilmente, cioè di versare subito, in ogni busta paga, la quota che il lavoratore avrebbe dovuto ricevere alla fine del contratto. Un’abitudine che la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima, perché snatura la funzione del Trattamento di fine rapporto, che per legge deve servire da tutela economica al termine del rapporto di lavoro.
Con la recente sentenza n. 13525/2025, la Cassazione ha confermato quanto già espresso con la ordinanza 4670/2021: il Tfr non può essere distribuito mese per mese, neppure se previsto da un contratto individuale o da un Ccnl. La legge consente deroghe solo se più favorevoli al lavoratore, e in questo caso, secondo i giudici, non lo sono affatto.

Il principio è chiaro: il Tfr serve a garantire un fondo accantonato, non a integrare lo stipendio. Anche le anticipazioni sul Tfr sono rigidamente regolate: si possono chiedere una sola volta, dopo almeno 8 anni di servizio, e solo per spese specifiche, come acquisto della prima casa o cure mediche straordinarie. Quindi l’erogazione mensile non rientra tra le ipotesi previste dalla legge, e chi l’ha ricevuta in questo modo potrebbe avere diritto a un ricalcolo delle somme dovute.
Perché potresti avere diritto a una cifra più alta in busta paga
Se un’azienda ha versato il Tfr mensilmente, in realtà quei soldi vanno considerati parte dello stipendio normale, soggetti quindi a tassazione ordinaria e contributi. E il vero Tfr resta ancora da versare, perché non è mai stato formalmente accantonato.
Per questo motivo, molti lavoratori potrebbero ricevere una somma aggiuntiva, perché quanto pagato ogni mese non è valido come Tfr. A confermarlo c’è anche la nota n. 616 del 3 aprile 2025 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che ribadisce come questa prassi non solo viola la normativa, ma mette a rischio la posizione fiscale e previdenziale del lavoratore.
Chi ha ricevuto il Tfr in questo modo dovrebbe quindi controllare la propria posizione contributiva e rivolgersi, se necessario, a un consulente del lavoro o a un sindacato. Il rischio, oltre al danno economico, è quello di ritrovarsi senza la copertura finanziaria prevista alla fine del contratto, con tutte le conseguenze che questo comporta.
I datori di lavoro, dal canto loro, devono regolarizzare urgentemente la situazione, interrompere i versamenti mensili e provvedere agli accantonamenti secondo quanto stabilito dalla normativa. Per molti, si prospetta un lavoro di ricostruzione complesso, ma inevitabile.