
"Follow Me" (2020) di Will Wernick è un thriller horror psicologico che esplora il confine tra realtà e spettacolo digitale, seguendo un gruppo di influencer intrappolati in un'escape room mortale a Mosca, dove l'intrattenimento estremo si trasforma in un incubo reale. - Unita.tv
Il rapporto tra rete e percezione del reale continua a cambiare profondamente il modo in cui viviamo e raccontiamo storie. Follow Me, un film del 2020 diretto da Will Wernick, esplora con tensione questa ambiguità. La pellicola mette in scena un gruppo di influencer alle prese con un gioco pericoloso, in cui l’intrattenimento estremo si trasforma presto in un incubo palpabile. Il racconto riflette sul peso crescente che social media e spettacolarizzazione esercitano nella nostra vita quotidiana, senza mai perdere di vista i connotati tipici del genere horror psicologico.
Il contesto e la trama: influencer in una trappola mortale a mosca
Follow Me parte da Mosca, dove un gruppo di influencer viene invitato a vivere una escape room “estrema”. L’idea è semplice: generare contenuti capaci di attirare follower e like, in un contesto ricco di adrenalina e sfide. Cole, interpretato da Keegan Allen, è la guida del gruppo, sempre alla ricerca di situazioni eclatanti da condividere online. A fianco di lui c’è Erin , compagna di viaggio e presenza fondamentale nella vicenda.
Immersione nel mondo social
L’inizio mostra i protagonisti immersi in selfie, vlog, hashtag e video ricchi di montaggi rapidi, simboli del mondo social di oggi. Lo spettatore si sente infatti calato nella mentalità da influencer, dove la realtà sembra passare attraverso lo schermo e il coinvolgimento pubblico. Ma la realtà prende una piega diversa ben presto. Gli enigmi dell’escape room, inizialmente percepiti come una sfida, diventano sempre più pericolosi e sanguinosi. Le trappole non sono più parte del gioco limitato alla finzione, ma rappresentano una minaccia concreta alla vita dei partecipanti.
Questa svolta crea una tensione crescente: ciò che doveva essere pura spettacolarità precipita in una crudele contingenza. Il gruppo si trova intrappolato in una spirale di terrore che lo obbliga a mettere da parte l’immagine pubblica per affrontare la violenza vera. Il film fa emergere così il tema principale: la difficoltà di distinguere esperienza mediata e realtà autentica in un’epoca dominata dalla rappresentazione digitale.
Regia e atmosfere: dal videoclip social all’horror claustrofobico
La regia di Will Wernick accompagna lo spettatore in un percorso che muta profondamente tono e stile. Le prime scene sembrano ricostruzioni di video YouTube, con tagli frenetici e inquadrature a mano libera, condite da selfie e dirette social. Questo approccio funziona da specchio della cultura digitale contemporanea e da meccanismo di immedesimazione per lo spettatore.
Evoluzione dello stile narrativo
Col passare del tempo tutto si fa più cupo, la luce si raffredda e gli spazi si stringono, chiudendo i protagonisti in ambienti claustrofobici. La tensione si accumula con elementi classici dell’horror: trappole meccaniche alla Saw, atmosfere opprimenti da Hostel, enigmi serrati in stile Escape Room. Questa miscela rende la pellicola familiare ma al contempo disorienta chi guarda, perché inserisce dentro un contesto social elementi di violenza reale difficili da digerire.
Il cambiamento del registro narrativo rappresenta anche una riflessione sulla spettacolarizzazione della sofferenza. Il regista mostra come momenti di terrore e violenza possano trasformarsi in “contenuti” da consumare e condividere, mettendo in dubbio il confine tra intrattenimento e crudeltà reale. La macchina da presa diventa strumento per raccontare questa mutazione e per provocare una sensazione di disagio non solo ai protagonisti ma anche a chi assiste.
Interpreti e dinamiche di personaggi: il volto umano dietro la performance social
Keegan Allen costruisce un ritratto complesso di Cole, più che semplice stereotipo di influencer. Restituisce l’ambivalenza tra il personaggio costruito per apparire e l’uomo che si scopre fragile e vulnerabile quando la situazione degenera. La recitazione lascia spazio a momenti di superficialità forzata, necessaria al personaggio, e ad altri di forte impatto emotivo.
Holland Roden, che interpreta Erin, è altrettanto rilevante. Il suo personaggio instaura con Cole un rapporto che va oltre l’apparenza social, rendendo palpabile la tensione emotiva quando l’incubo prende piede. La chimica tra i due attori aiuta a mantenere vivo l’interesse e l’empatia dello spettatore, elemento cruciale in un thriller di questo tipo.
La dinamica di gruppo evolve sotto la pressione degli eventi; gli atteggiamenti da influencer, inizialmente a tratti arroganti o frivoli, si incrinano davanti al terrore reale. Il film fa emergere così l’identità dei personaggi in un contesto che chiede loro di rivedere priorità e maschere sociali: un quadro di fiducia e tradimento, amicizia e paura crescente.
Temi e riferimenti: violenza, spettacolarizzazione e richiami cinefili
Follow Me non si limita a raccontare una storia di paura, ma tende a far riflettere sul ruolo dei media e dello spettacolo in relazione alla violenza. La pellicola recupera molteplici richiami a film cult dell’horror: le trappole metalliche ricordano Saw, l’ambientazione e brutalità si avvicinano a Hostel, gli enigmi logici richiamano Die Hard, mentre le sequenze di azione sembrano estratte da videogiochi stealth.
Un gioco tra realtà e finzione
Questi elementi costruiscono un insieme riconoscibile, che al tempo stesso disorienta lo spettatore perché propone un’escalation di situazioni già viste nella finzione, ora raccontate come fossero vere. Il senso di déjà-vu aumenta la tensione e spinge a interrogarsi sui confini tra realtà e finzione nel mondo digitale.
Sullo sfondo, la critica al modo in cui la violenza diventa “contenuto” spicca come nucleo del messaggio. Lo spettatore si trova chiamato a riflettere sul proprio ruolo: osservatore passivo o partecipante inconsapevole nella diffusione di immagini che scavano nel dolore. L’esposizione senza filtri, che ambisce a consenso e popolarità, si mette così in questione insieme alla sicurezza delle nostre identità connesse.
Follow Me si presenta quindi come un film capace di combinare elementi del thriller moderno con una domanda attuale, sul rapporto tra tecnologia, identità e spettacolo. Un racconto che esplora senza compromessi il confine che divide ciò che guardiamo da ciò che davvero accade.