I pericoli del sushi in estate-unita.tv
Sempre più italiani mangiano sushi ogni settimana, ma pochi sanno cosa contiene davvero e a cosa fare attenzione.
Classico o rivisitato, semplice o gourmet, il sushi è diventato parte della routine alimentare di milioni di italiani. Dati aggiornati al 2024 rivelano che un italiano su cinque consuma sushi regolarmente, con una netta prevalenza nella fascia d’età compresa tra 15 e 24 anni. I consumi aumentano soprattutto nei mesi estivi, periodo in cui questo piatto viene percepito come fresco e leggero. Ma è davvero così? Abbiamo raccolto i chiarimenti di Evelina Flachi, specialista in Scienza dell’alimentazione, che spiega cosa contiene il sushi, quali benefici può offrire e a cosa bisogna fare attenzione per non correre rischi.
Dal punto di vista nutrizionale, il sushi può essere un piatto completo, a patto che sia preparato con ingredienti freschi e bilanciati. «Il sushi offre un buon equilibrio tra carboidrati, proteine e grassi buoni, soprattutto se contiene pesce come il salmone e vegetali come le alghe», spiega Flachi. Il vantaggio principale è l’assenza di cottura, che consente di evitare condimenti come l’olio, spesso usati in abbondanza nelle preparazioni calde. «Questo si traduce in un apporto calorico inferiore rispetto a molti altri piatti», precisa l’esperta.
Tuttavia, mangiare solo sushi non basta per garantire un pasto completo: è importante abbinare una porzione di verdure, anche consumate separatamente. Il rischio più comune è l’eccesso di riso, che può squilibrare la distribuzione dei nutrienti se consumato in grandi quantità. Per questo non c’è una dose ideale che valga per tutti: «A una donna sedentaria potrebbe bastare una fila da cinque pezzi — spiega Flachi — mentre una persona molto attiva può permettersi qualcosa in più, ma senza esagerare».
Il contenuto di grassi varia anche in base agli ingredienti extra: la presenza di formaggi fusi o salse può aumentare le calorie e ridurre la qualità nutrizionale del piatto. Per questo la scelta del locale o dei prodotti da utilizzare a casa fa una grande differenza.
La qualità del pesce crudo è il punto chiave per evitare rischi sanitari, come la contaminazione da anisakis, un parassita che può causare problemi intestinali. «Il pesce deve essere abbattuto correttamente — spiega Flachi — e nei casi in cui non siamo certi dell’origine o della lavorazione è meglio chiedere la versione cotta». Le norme sanitarie impongono regole severe, ma non sempre vengono rispettate con la stessa attenzione.
Un altro fattore da considerare è il prezzo: sushi a costo molto basso può nascondere compromessi sulla qualità delle materie prime. «Meglio mangiarne di meno, ma buono», suggerisce l’esperta. Un indizio utile per valutare un ristorante è l’organizzazione dell’area di preparazione: la separazione tra prodotti crudi e cotti è un segnale di attenzione all’igiene. Sulle recensioni online, invece, Flachi invita alla prudenza: spesso sono poco affidabili o manipolate. «Meglio fidarsi del passaparola, o di chi conosciamo bene».
Infine, attenzione alla salsa di soia, che contiene glutammato e può provocare effetti collaterali in soggetti sensibili, come la cefalea da glutammato. In alternativa, meglio optare per una versione biologica e usarne poca.
Per chi decide di preparare il sushi in casa, i vantaggi non mancano: «Si può controllare la qualità di ogni ingrediente — conclude Flachi — e usare pesce cotto o al vapore, preferendo condimenti selezionati e alghe ricche di fibre e iodio». Un’opzione da considerare, soprattutto in estate, quando il controllo degli alimenti diventa ancora più importante.
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