Dopo la caduta del governo di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, molti siriani costretti all’esilio negli ultimi quattordici anni si trovano di fronte a una scelta cruciale: tornare nella loro terra d’origine o rimanere all’estero. Questa decisione è particolarmente complessa per le donne, che affrontano una situazione emergenziale in cui, secondo l’UNHCR, 16 milioni di siriani vivono in condizioni di grave difficoltà, privi di cibo, alloggio e assistenza sanitaria.
Il dilemma del ritorno in patria
La giovane attivista Nour Jarrouj, che ha lasciato la Siria nel 2018 per trasferirsi nel Regno Unito, ha dedicato il suo impegno alla lotta per il riconoscimento del diritto delle donne rifugiate a prendere decisioni informate riguardo al loro eventuale rimpatrio. Celine Schmitt, portavoce dell’UNHCR in Siria, sottolinea l’importanza del ruolo delle donne in questo contesto. Nonostante le cicatrici lasciate dalla guerra, molte donne siriane stanno guidando il cambiamento, avviando attività economiche, sostenendo le generazioni più giovani e accogliendo coloro che tornano. Tuttavia, resta incerta la loro inclusione in posizioni di leadership politica, economica e civile nella Siria che verrà.
La situazione attuale in Siria
Dall’8 dicembre 2024, oltre 370.000 rifugiati hanno fatto ritorno in Siria, spinti dalla speranza di contribuire alla ricostruzione del Paese. Le parole “speranza”, “futuro migliore” e “ricostruzione” sembrano finalmente prendere forma. Tuttavia, nonostante i cambiamenti politici, le necessità umanitarie rimangono gravi, con oltre il 90% della popolazione siriana che vive al di sotto della soglia di povertà. Le segnalazioni di problemi di sicurezza, come furti e violenze, sono all’ordine del giorno, e le donne sono spesso le principali vittime di tali crimini. Inoltre, i bombardamenti e l’occupazione israeliana nel sud-ovest del Paese continuano a generare sfollamenti e pericoli.
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Un recente sondaggio dell’UNHCR ha rivelato che il 27% dei rifugiati siriani intende tornare nel proprio Paese entro un anno, ma la maggior parte resta incerta, preoccupata per la sicurezza e la mancanza di opportunità lavorative e alloggi.
Le donne come simbolo della resistenza
La memoria collettiva della guerra è segnata da figure femminili che si sono opposte al regime di Assad, diventando simboli di resistenza. Nour Jarrouj ricorda nomi come May Scaff, attrice e attivista, costretta all’esilio nel 2013 e morta in esilio. Le sue ultime parole, “Non perderò la speranza”, risuonano ancora tra le donne siriane. Altre figure come Fadwa Suleiman, che ha abbracciato la causa della rivoluzione, e Lama Al-Basha, studentessa e attivista, hanno pagato un prezzo altissimo per il loro impegno. Razan Zeitouneh, avvocata scomparsa nel 2013, è un’altra delle tante donne che hanno lottato per la giustizia e la verità.
Il futuro delle donne in Siria
Nour Jarrouj afferma che milioni di donne siriane, sfollate e traumatizzate, devono essere al centro del processo di ricostruzione della Siria. È fondamentale che nessuna donna, indipendentemente dalla sua religione o etnia, venga costretta a tornare finché non si sentirà completamente al sicuro. È cruciale garantire che gli aiuti internazionali includano risorse per l’emancipazione delle donne e il loro accesso a ruoli decisionali.
Il sostegno dell’UNHCR alle donne siriane
L’UNHCR sta lavorando per supportare le donne siriane attraverso una rete di centri comunitari che offrono assistenza legale, supporto psicologico e strumenti per affrontare la violenza. Questi spazi non solo forniscono aiuto, ma permettono anche alle donne di diventare protagoniste attive nel loro percorso di recupero. Celine Schmitt evidenzia come l’agenzia stia implementando programmi di inclusione sociale e formazione professionale in diverse aree del Paese, permettendo a molte donne di avviare attività che sostengono le loro famiglie.
Parallelamente, l’UNHCR promuove la creazione di comitati femminili che collaborano con le autorità locali per monitorare e prevenire la violenza. Tuttavia, la crisi globale dei finanziamenti minaccia la sostenibilità di questi programmi, esponendo molte donne a rischi di violenza e sfruttamento. La situazione rimane critica, ma il supporto e l’impegno per il futuro delle donne siriane sono più necessari che mai.