La situazione in Siria è tornata a essere critica dopo la caduta del presidente Bashar al-Assad, avvenuta l’8 dicembre scorso. Ahmed al-Sharaa, ex leader di al-Qaeda e ora al comando di un governo provvisorio, si trova ad affrontare sfide enormi nel tentativo di stabilire un nuovo regime. Tre mesi dopo la conquista di Damasco, il paese è scosso da violenze settarie che minacciano di riaccendere un conflitto che, nonostante gli anni trascorsi, non si è mai realmente concluso. La legittimità internazionale del nuovo governo è ora a rischio, mentre il ciclo di violenza si intensifica.
La rapida offensiva e le conseguenze
La conquista di Damasco da parte di Hayat Tahrir al Sham , il gruppo ribelle islamista di cui fa parte al-Sharaa, ha segnato un cambiamento radicale nel panorama siriano. Tuttavia, questa vittoria è stata seguita da una reazione violenta da parte di gruppi pro-Assad. Nel marzo 2025, un’imboscata a Latakia ha portato alla morte di 16 membri delle forze di sicurezza, scatenando una brutale rappresaglia governativa. Le forze alawite, che rappresentano circa il 10% della popolazione siriana e comprendono molti sostenitori di Assad, hanno subito gravi perdite, con centinaia di civili uccisi in esecuzioni sommarie e attacchi documentati.
Nonostante l’afflusso di giornalisti a Damasco per documentare la “nuova Siria“, la realtà sul campo è ben diversa. I rapporti iniziali suggeriscono che le violenze più gravi non siano state perpetrate dalle forze governative di HTS, ma da fazioni jihadiste semi-autonome che rifiutano di integrarsi nell’amministrazione militare. Questa situazione crea un dilemma per al-Sharaa: se i crimini di guerra sono avvenuti con il suo consenso, la sua immagine di leader tecnocratico viene compromessa. Se, al contrario, le violenze sono state condotte senza il suo controllo, la sua autorità risulta indebolita.
Leggi anche:
Le reazioni della comunità internazionale
In un contesto di instabilità come quello siriano, le reazioni delle potenze internazionali sono cruciali. L’Unione Europea, preoccupata per un possibile nuovo flusso di rifugiati, sembra concentrarsi maggiormente sulla stabilizzazione del governo piuttosto che sulle questioni umanitarie. Le dichiarazioni dell’Alto commissario per gli Esteri, Kaja Kallas, evidenziano una tendenza a incolpare principalmente gli alawiti per la situazione attuale, trascurando le complessità etniche e religiose che caratterizzano il paese.
La mancanza di una prospettiva di governo stabile in Siria rende difficile per le potenze esterne formulare strategie efficaci. La situazione attuale non solo minaccia la sicurezza interna, ma ha anche ripercussioni sulle relazioni internazionali, con il rischio che la Siria possa diventare nuovamente un terreno di scontro per interessi geopolitici. La sfida per al-Sharaa e il suo governo è quella di trovare un equilibrio tra le diverse fazioni e garantire una governance che possa ottenere il riconoscimento internazionale, mentre il paese è sull’orlo di un nuovo conflitto.
Â