Aumento dei controlli doganali negli Stati Uniti: turisti europei a rischio di detenzione

Aumento dei controlli doganali negli Stati Uniti nel 2025: turisti europei, come Jessica Brösche e Lucas Sielaff, segnalano detenzioni prolungate e rischi per il settore turistico.
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Aumento dei controlli doganali negli Stati Uniti: turisti europei a rischio di detenzione - unita.tv

Negli ultimi mesi, i turisti europei che si recano negli Stati Uniti hanno dovuto affrontare un incremento dei controlli doganali, con conseguenze preoccupanti. Diversi cittadini europei sono stati fermati, detenuti o addirittura rispediti nei loro paesi d’origine durante i controlli all’ingresso. Questa situazione ha spinto il ministero degli Esteri tedesco a rivedere le proprie raccomandazioni di viaggio, avvertendo sui rischi legati a dichiarazioni false riguardo al soggiorno e al superamento della validità del visto. Le ripercussioni di questi eventi si fanno sentire non solo sui viaggiatori, ma anche sul settore turistico, con effetti economici significativi per gli Stati Uniti e le compagnie aeree europee.

I casi documentati dai media internazionali

Le cronache di diversi viaggiatori europei, riportate da testate internazionali, evidenziano la severità dei controlli alle frontiere statunitensi e le dure condizioni nei centri di detenzione per immigrazione. Tra i casi più eclatanti, quello di Jessica Brösche, una tatuatrice di 29 anni, che è stata trattenuta per 46 giorni all’Otay Mesa Detention Center di San Diego, in California, dopo un tentativo di ingresso negli Stati Uniti dal Messico. Durante la sua detenzione, ha trascorso otto giorni in isolamento, senza che siano stati forniti motivi chiari per tale trattamento. Un altro caso significativo è quello di Lucas Sielaff, un giovane tedesco di 25 anni, che ha raccontato di essere stato fermato per oltre due settimane al confine con il Messico prima di essere rimpatriato.

Un episodio paradossale ha coinvolto Rebecca Burke, una 28enne inglese, che è stata fermata alla frontiera canadese. Dopo aver ricevuto l’istruzione di tornare indietro per correggere dei documenti, è stata ammanettata al suo rientro negli Stati Uniti e trattenuta per 21 giorni. Anche un ricercatore francese ha subito un trattamento simile: gli è stato negato l’ingresso dopo che sul suo telefono e computer erano state trovate critiche alla politica di Trump nei confronti del mondo accademico. Questi eventi sembrano essere il risultato dell’inasprimento dei controlli sull’immigrazione, voluto dalla nuova amministrazione.

Secondo le stime di Tourism Economics, citate dal Corriere, i viaggi internazionali verso gli Stati Uniti subiranno una flessione del 5% quest’anno, rispetto a un iniziale aumento previsto del 9%. Questo calo potrebbe tradursi in una perdita di 64 miliardi di dollari per il settore turistico statunitense. I dati del Dipartimento della Sicurezza Interna mostrano un decremento degli arrivi nei primi due mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: -9,5% dall’Italia, -6% dalla Francia e -7% dalla Germania.

Diritti limitati per i turisti alle frontiere con gli Stati Uniti

Il New York Times sottolinea che, nonostante il possesso di un visto o di un’autorizzazione elettronica , l’ingresso negli Stati Uniti non è garantito. I visitatori devono dimostrare di utilizzare il visto per lo scopo dichiarato, rispondendo a domande riguardanti il motivo e la durata del soggiorno, l’alloggio e le attività previste. La legge federale conferisce ampi poteri agli agenti di frontiera, i quali possono perquisire i beni dei viaggiatori, inclusi telefoni e computer, senza necessità di sospettare un illecito.

Chi entra con l’Esta rinuncia a molti diritti, incluso quello di contestare la deportazione, esponendosi a detenzioni obbligatorie. Se un visitatore viene considerato non ammissibile, ha la possibilità di ritirare la propria richiesta di ingresso e tornare nel proprio paese, ma se l’ufficiale non accetta tale richiesta, scatta la detenzione. Queste situazioni si verificano tecnicamente al di fuori del territorio statunitense, il che implica che i diritti garantiti dalla Costituzione americana non si applicano, e non è garantito il diritto a un avvocato. Il governo ha un termine di circa 90 giorni per procedere con la deportazione, che può essere esteso in caso di mancata collaborazione. Dopo l’ordine di espulsione, il divieto di ingresso negli Stati Uniti dura cinque anni.

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