La Federal Reserve mantiene i tassi fermi e riduce il Quantitative Tightening: ecco cosa significa

La Federal Reserve, guidata da Jerome Powell, mantiene i tassi di interesse fermi e riduce il Quantitative Tightening. Christine Lagarde avverte che i dazi americani potrebbero colpire la crescita dell’Eurozona nel 2025.
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La recente riunione del FOMC della Federal Reserve ha portato a decisioni significative riguardo ai tassi di interesse e alle politiche monetarie. Mentre i tassi restano invariati, la Fed ha annunciato una riduzione del ritmo del Quantitative Tightening, una manovra che ha suscitato preoccupazioni e analisi approfondite. Questo articolo esplora le implicazioni di tali decisioni, il contesto economico attuale e le reazioni delle istituzioni europee.

La decisione della Federal Reserve e il contesto economico

Nella riunione di mercoledì, il FOMC ha deciso di mantenere i tassi di interesse fermi, una scelta che riflette una certa cautela da parte dell’autorità monetaria. Tuttavia, la vera novità è la riduzione del ritmo del Quantitative Tightening, che consiste nella diminuzione della liquidità nel sistema finanziario. Il Presidente Jerome Powell ha evidenziato che i dazi commerciali introdotti dall’Amministrazione Trump stanno già influenzando l’inflazione, sebbene sia difficile quantificare l’impatto esatto di tali misure.

La Fed prevede una crescita economica modesta per l’anno in corso, stimata all’1,7%, in calo rispetto al 2,1% previsto a dicembre. L’inflazione, invece, è attesa al 2,8%, un incremento rispetto al 2,5% di dicembre. In questo contesto, la Fed si trova in una posizione delicata: la necessità di mantenere i tassi stabili si scontra con l’aumento dell’inflazione, rendendo le precedenti riduzioni dei tassi potenzialmente controproducenti.

Le conseguenze dei dazi commerciali sull’Eurozona

Christine Lagarde, durante un’audizione al Parlamento europeo, ha avvertito che le tariffe americane del 25% sulle merci europee potrebbero ridurre la crescita dell’Eurozona dello 0,3% quest’anno. Inoltre, i controdazi di Bruxelles potrebbero amplificare l’impatto negativo sul PIL, portandolo fino allo 0,5%. Queste dichiarazioni hanno sollevato interrogativi sulle ripercussioni economiche per l’Europa, già provata da una serie di sfide strutturali e congiunturali.

Domenico Lombardi, professore di politiche economiche alla Luiss, ha sottolineato che l’incertezza economica negli Stati Uniti potrebbe avere effetti a catena sull’Europa. Gli indicatori economici stanno mostrando segni di deterioramento, e l’aumento dell’incertezza potrebbe segnalare un rallentamento della produzione e del reddito aggregato. La situazione è ulteriormente complicata dalla crisi energetica causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle politiche di transizione ecologica che hanno messo a dura prova l’industria europea.

La posizione della BCE e le previsioni per il futuro

La Banca Centrale Europea ha recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2025, portandole a +0,9% per quest’anno e +1,2% per il prossimo. Tuttavia, il Bollettino economico diffuso dalla BCE ha chiarito che queste proiezioni considerano solo l’impatto dei nuovi dazi tra Stati Uniti e Cina, escludendo quelli tra Stati Uniti e Unione Europea. Questo potrebbe significare che il 2025 sarà un anno difficile per l’Eurozona, con una crescita limitata.

In risposta a queste sfide, la BCE potrebbe essere costretta ad allentare le restrizioni monetarie. La riduzione delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti potrebbe portare a un aumento dell’afflusso di beni nel mercato europeo, creando pressioni al ribasso sui prezzi. Tuttavia, questa ricomposizione dei flussi commerciali potrebbe anche mettere a repentaglio la stabilità dell’industria europea, già sotto pressione.

Le prospettive per la Germania e l’Italia

Il recente voto sulla riforma del freno al debito in Germania è stato definito storico, suggerendo un possibile cambiamento di rotta da parte del governo tedesco. La possibilità che la Germania espanda la sua capacità di investimento potrebbe avere ripercussioni significative non solo per la sua economia, ma anche per l’intera Eurozona.

L’Italia, dal canto suo, si trova in una situazione particolare a causa dell’elevato debito pubblico. La prudenza fiscale del governo Meloni ha contribuito a ridurre lo spread, ma eventuali spese aggiuntive potrebbero gravare sul bilancio statale. Se il finanziamento delle spese per la difesa venisse gestito a livello europeo, ciò potrebbe alleviare parte della pressione sulle finanze pubbliche italiane.

In un contesto di crescente incertezza economica, le scelte politiche e monetarie delle principali istituzioni europee saranno cruciali per affrontare le sfide future e garantire una crescita sostenibile.