La recente pubblicazione delle “Nuove Indicazioni 2025” per il sistema scolastico, elaborate dalla commissione istituita dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, ha scatenato un acceso dibattito, in particolare tra gli storici. Questo documento, che si propone di restituire centralità alla storia e alla cultura occidentale, ha suscitato reazioni contrastanti, evidenziando le tensioni tra diverse visioni educative. L’intervento di Valditara, rilasciato al Corriere della Sera, ha messo in luce l’importanza di una riflessione profonda su come la storia venga insegnata e percepita nelle scuole italiane.
Il ruolo dei consigli di istituto nella governance scolastica
Il documento, presentato come “Materiali per il dibattito pubblico”, invita a una riflessione aperta sul futuro della scuola e sull’educazione delle nuove generazioni. È fondamentale tenere viva la discussione, superando lo scetticismo che spesso accompagna le riforme scolastiche. La scuola rappresenta un pilastro fondamentale per il nostro avvenire, e il suo valore risiede principalmente nei suoi protagonisti: gli insegnanti, che scelgono di dedicarsi a questa professione per passione, e gli studenti, che non sono semplici contenitori da riempire di nozioni.
Le “Nuove Indicazioni” si rivolgono in particolare alla scuola dell’infanzia e alle scuole medie di primo grado, affrontando temi cruciali come il significato dello studio della storia. È interessante notare come il documento inizi con una premessa culturale generale, per poi approfondire i percorsi formativi specifici. Questo approccio suggerisce la necessità di una riflessione critica e di un dibattito costruttivo su come la storia venga insegnata e percepita.
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Le critiche alle affermazioni sulle origini della storia
Uno degli aspetti più controversi delle “Nuove Indicazioni” è l’affermazione che “solo l’Occidente conosce la Storia“. Questa dichiarazione ha sollevato immediate polemiche, in particolare per la citazione di Marc Bloch, che viene presentata in modo decontestualizzato. È innegabile che figure come Erodoto e Tucidide abbiano gettato le basi della storiografia, ma ridurre le altre culture a mere “compilazioni annalistiche” è un’affermazione discutibile e riduttiva.
Prendendo in considerazione la storia della Cina, ad esempio, si può notare come questa civiltà millenaria abbia sviluppato una concezione della storia profondamente diversa, basata su un rapporto unico con le proprie origini e la continuità storica. Ogni cultura, in effetti, si fonda su una memoria collettiva di eventi e esperienze condivise, e negare la ricchezza di queste narrazioni è un errore grave.
La cultura occidentale e il suo impatto globale
Un altro punto controverso riguarda l’affermazione che la “cultura occidentale” si sia affermata come “intellettualmente padrona del mondo”. Questa visione, oltre a essere presuntuosa, ignora la complessità delle interazioni culturali globali. L’Europa non può essere ridotta a una semplice definizione di “Occidente“, e la sua storia è intrinsecamente legata a quella di altre culture e civiltà.
Le affermazioni di orgoglio occidentale e nazionalistico possono creare divisioni invece di promuovere un dialogo costruttivo. Fenomeni come la cancel culture e il decolonising classics ci ricordano che è fondamentale riflettere criticamente su come la storia venga raccontata e insegnata, evitando di cadere in trappole ideologiche che limitano la comprensione della complessità storica.
Riflessioni sul pensiero critico e l’insegnamento della storia
Un aspetto centrale delle “Nuove Indicazioni” è l’idea che “la Storia consiste nel pensare i fatti”. Questa affermazione ha suscitato reazioni forti, poiché riduce la storia a un mero esercizio intellettuale. Durante una lezione con studenti di storia medievale, ho sottolineato che se alla fine del corso non avessero trovato nella loro esperienza qualcosa che contestasse questa visione, avrei considerato il mio lavoro un fallimento. La storia deve essere vissuta e compresa attraverso l’esperienza, non solo analizzata.
La storia non è solo un insieme di fatti da riflettere, ma un’opportunità per costruire una comprensione condivisa della realtà umana. Le sfide contemporanee richiedono un approccio che vada oltre la costruzione di identità nazionali, evitando il rischio di generare fanatismi e bigottismi. È essenziale promuovere un’educazione che incoraggi il pensiero critico e la riflessione profonda, affinché le nuove generazioni possano affrontare le complessità del mondo attuale con consapevolezza e responsabilità.