La moda non è solo abiti e accessori; è anche un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Le sfilate, in particolare, rappresentano un momento cruciale per i designer e i brand, non solo per presentare le loro collezioni, ma anche per comunicare il loro stato attuale attraverso le scelte delle location. Durante le recenti fashion week di Milano e Parigi, è emerso un trend preoccupante: le venue si sono ridotte, diventando spazi sempre più esclusivi e inaccessibili. Questo fenomeno solleva interrogativi sul futuro del sistema moda e sulla sua capacità di rimanere accessibile a un pubblico più ampio.
L’importanza delle location nelle sfilate di moda
Le location delle sfilate sono molto più di semplici sfondi per le collezioni; esse fungono da estensione del brand stesso. Ogni scelta di venue riflette l’identità del designer e il messaggio che si desidera trasmettere. Durante le fashion week, le location possono variare da spazi minimalisti a scenografie elaborate, ma ciò che è emerso quest’anno è una tendenza verso venue più piccole e riservate. Questi spazi, spesso considerati fortini inaccessibili, limitano la partecipazione a un numero ristretto di invitati, creando un’atmosfera di esclusività che può avere ripercussioni sul modo in cui il pubblico percepisce il brand.
L’esclusività delle sfilate: il caso di Marni e Bally
Un esempio emblematico di questa tendenza è rappresentato dalla sfilata di Marni, che ha visto una selezione di invitati estremamente ristretta, riuniti nello showroom milanese di Viale Umbria. Questo approccio ha generato malcontento tra coloro che sono stati esclusi, evidenziando come l’accesso limitato possa creare tensioni all’interno della comunità della moda. Allo stesso modo, la sfilata di Simone Bellotti per Bally ha tenuto in ansia molti editor, costretti ad attendere fino all’ultimo momento per confermare il proprio posto. Questi eventi non solo mettono in luce la crescente esclusività delle sfilate, ma anche le sfide che i brand devono affrontare nel bilanciare l’accessibilità con il desiderio di mantenere un’immagine di prestigio.
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Anche a Parigi, la situazione non è stata diversa. Le attesissime sfilate di designer come Sarah Burton, Haider Ackermann e Julian Klausner hanno visto un numero di invitati limitato a non più di quattrocento persone. Questo ha sollevato interrogativi sulla capacità dei brand di attrarre un pubblico più vasto, nonostante l’enorme curiosità che circonda le loro collezioni. Ad esempio, lo show di Tom Ford al Pavillon Vendôme ha offerto solo duecento posti a sedere, dimostrando come la scelta di location possa influenzare non solo l’immagine del brand, ma anche la sua capacità di coinvolgere il pubblico.
Riflessioni sul futuro della moda e delle sfilate
La scelta di location più piccole e riservate non è necessariamente indicativa di un cattivo stato economico dei brand. In alcuni casi, i designer possono preferire questo approccio per creare un senso di esclusività e intimità . Tuttavia, è fondamentale considerare come questa tendenza possa influenzare l’accessibilità del mondo della moda. Se le sfilate continuano a diventare eventi riservati a pochi eletti, si corre il rischio di alienare una parte significativa del pubblico, che potrebbe sentirsi escluso da un settore che dovrebbe essere celebrato e condiviso. La moda, in quanto forma d’arte e di espressione, dovrebbe continuare a trovare modi per essere inclusiva e accessibile a tutti.
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