Il secondo conflitto mondiale continua a rivelare storie inaspettate, anche a distanza di ottant’anni. Tra queste, emerge la vicenda di Margot Wölk, una donna tedesca di 95 anni che, poco prima della sua morte nel 2012, ha raccontato di essere stata una delle giovani costrette ad assaporare i pasti di Adolf Hitler per due anni. Questa testimonianza ha ispirato un romanzo di Rosella Postorino e un film intitolato “Le assaggiatrici“, diretto da Silvio Soldini, che ha debuttato al cinema il 27 marzo. La pellicola offre uno sguardo unico su un aspetto poco conosciuto della vita durante il regime nazista.
La trama di “Le assaggiatrici”
Il film “Le assaggiatrici” si apre nell’autunno del 1943, quando Rosa , una giovane donna di Berlino, lascia la città distrutta dai bombardamenti per rifugiarsi nel villaggio natale del marito Gregor, impegnato al fronte. Qui, Rosa si confronta con i suoceri, che conosce a malapena. Tuttavia, il villaggio, apparentemente tranquillo, cela un segreto inquietante: nelle foreste circostanti, Hitler ha fatto costruire il suo quartier generale, noto come la Tana del lupo. La storia, pur ambientata in un contesto storico specifico, affronta temi attuali, come la facilità con cui si può diventare complici del male senza abbracciarlo apertamente.
Le assaggiatrici: un gruppo di donne in circostanze straordinarie
Il Führer, temendo di essere avvelenato, ordina la selezione di giovani donne sane dal villaggio per diventare “le assaggiatrici”. Queste donne sono chiamate a consumare i pasti preparati per lui prima che lui li assaggi, per garantire che non contengano veleno. Tra le sette donne selezionate, Rosa è soprannominata “la berlinese” dalle altre, che la guardano con invidia e scherno. Mentre il resto del Paese soffre la fame, loro hanno accesso a piatti prelibati, ma potenzialmente letali. Questo paradosso unisce un gruppo di donne diverse, che nel tempo diventano amiche, complici e rivali.
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Il set e la realizzazione del film
Silvio Soldini, alla sua prima esperienza con un film d’epoca, torna a girare in una lingua straniera, il tedesco, dopo aver realizzato “Brucio nel vento“, un’opera in ceco. “Le assaggiatrici” è una coproduzione tra Italia, Belgio e Svizzera e rappresenta il titolo di apertura del Bif&St 2025. La pellicola si distingue per la sua attenta ricostruzione scenografica, curata da Paola Bizzarri, e per i costumi di Marina Roberti. La sfida di realizzare un film storico è complessa, poiché c’è sempre il rischio di cadere nell’artefatto. Tuttavia, Soldini riesce a mantenere un’atmosfera realistica, coinvolgendo lo spettatore in una narrazione credibile e immersiva.
Un racconto di solidarietà e tradimento
“Le assaggiatrici” si concentra su momenti di interazione tra le protagoniste, che si ritrovano a condividere pasti e attese. Ogni incontro diventa un’opportunità per conoscersi meglio o per diffidare l’una dell’altra. La solitudine è un tema ricorrente: alcune donne sono vedove, altre sono “zitelle”, mentre Rosa ha il marito disperso in guerra. La pellicola esplora le dinamiche di un gruppo di donne unite dalla necessità di sopravvivere in un contesto di guerra, dove la solidarietà e il tradimento coesistono.
Un’epoca che si riflette nel presente
Il film si sviluppa nell’arco di un anno, seguendo il cambiamento delle stagioni e dei paesaggi. La guerra rimane sullo sfondo, percepita attraverso suoni lontani di bombe e aerei, e notizie diffuse alla radio. Le parole di Hitler, pronunciate dopo un attentato, risuonano inquietanti, evocando parallelismi con situazioni contemporanee. La sceneggiatura presenta personaggi che credono nel Führer, inclusi i suoceri di Rosa e una delle assaggiatrici, disposte a sacrificarsi per lui. Rosa, infine, si innamora del tenente delle SS Ziegler, creando una connessione che la distacca temporaneamente dalla dura realtà della guerra.
“Le assaggiatrici” si propone quindi come un’opera che invita a riflettere sulle scelte morali e sulle complicazioni della vita in tempi di conflitto, ponendo domande sulla responsabilità individuale e collettiva.
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