Cinzia Spanò, attrice e regista, porta in scena un’opera che esplora il ruolo delle donne durante la Resistenza, attraverso il monologo “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò. Questo lavoro, che debutta il 4 aprile a Palazzo Marino e prosegue al Teatro LabArca di Milano, si propone di far riflettere sul passato e sulla memoria collettiva, in un momento in cui il mondo sembra ripercorrere sentieri già tracciati dalla storia.
La voce di Agnese: Un monologo potente
Cinzia Spanò ha scelto di adattare “L’Agnese va a morire“, un romanzo che Natalia Ginzburg definiva tra i migliori sulla Resistenza. La protagonista, Agnese, è una lavandaia analfabeta, anziana e sovrappeso, che si trasforma da semplice donna di casa a figura di resistenza. La sua presa di coscienza avviene quando i nazisti le portano via il marito, ma è la crudeltà gratuita dei soldati, che uccidono il suo gatto per divertimento, a farle capire l’orrore della guerra. Questo evento la spinge a entrare in clandestinità e a combattere. La Spanò sottolinea l’importanza di raccontare storie come quella di Agnese, per riscoprire i valori della Resistenza e riflettere sulla società contemporanea.
La storia delle donne nella Resistenza
Il contributo delle donne nella Resistenza è spesso sottovalutato. Non si tratta solo di staffette o di supporto ai combattenti, ma molte donne hanno preso le armi, affrontando conflitti interiori e rischi enormi. La narrazione storica è incompleta, e le immagini del 25 aprile 1945, che mostrano principalmente uomini, non rendono giustizia al ruolo attivo delle donne. Un episodio significativo è quello di Tersilla Fenoglio, che venne esclusa dalle celebrazioni per la Liberazione dai suoi compagni, evidenziando il pregiudizio di genere che ha caratterizzato anche la Resistenza.
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La lotta contro i pregiudizi
Le donne partigiane hanno affrontato non solo il rischio di vita, ma anche il pregiudizio sociale. Molte di loro, dopo aver vissuto esperienze traumatiche, non hanno ricevuto il riconoscimento che meritavano. Il libro di Michela Ponzani, “Guerra alle donne“, documenta come le partigiane siano state spesso considerate portatrici di una sessualità promiscua, a causa delle loro esperienze con gli uomini. Questi temi scomodi sono stati trascurati, e la fatica e il sacrificio delle donne sono stati minimizzati. Anche nel cinema, come dimostra la difficoltà di Giuliano Montaldo nel trovare produttori per l’adattamento di “L’Agnese va a morire“, la rappresentazione delle donne nella Resistenza è stata problematica.
L’impegno di Cinzia Spanò e dell’associazione Amleta
Cinzia Spanò è anche presidente dell’associazione Amleta, fondata nel 2020 per combattere la disparità di genere e la violenza nell’ambiente dello spettacolo. L’associazione si propone di mappare la presenza femminile nel teatro e di affrontare il gender gap. La Spanò sottolinea che le attrici rappresentano meno del 40% nel settore, e che la maggior parte delle storie è scritta e diretta da uomini. L’obiettivo è quello di aprire il teatro a una maggiore rappresentanza femminile, affinché le storie delle donne possano trovare spazio e visibilità .
I risultati e le sfide future
Amleta ha già ottenuto risultati significativi, con processi contro predatori che operavano indisturbati da anni. La campagna social “Apriamo le stanze di Barbablù” ha portato a numerose segnalazioni e ha facilitato la denuncia di abusi. La Spanò evidenzia come le attrici, avendo il corpo come strumento di lavoro, siano spesso soggette a pregiudizi e sospetti. È fondamentale cambiare questa narrativa e dare voce a chi ha subito ingiustizie, affinché la vergogna non ricada più sulle vittime.
Cinzia Spanò, con il suo lavoro e il suo impegno, continua a portare avanti una battaglia per la giustizia e la rappresentanza, rendendo omaggio a tutte quelle donne che hanno lottato per la libertà e la dignità .
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