Il cinema ha sempre avuto un ruolo cruciale nel riflettere e influenzare la società . Oggi, una nuova generazione di registe sta utilizzando il proprio lavoro per affrontare temi complessi come il sessismo, il maschilismo e il patriarcato. In questo contesto, una regista ha scelto il genere horror come strumento per esplorare e liberare il dolore delle donne attraverso una narrazione che combina umorismo e critica sociale.
La catarsi attraverso l’horror
La regista ha condiviso la sua visione su come il genere horror possa servire come forma di catarsi per le donne. Secondo lei, la violenza che molte donne subiscono è spesso silenziosa e invisibile, poiché la società tende a non ascoltarle o a non supportarle. Utilizzando l’umorismo come mezzo per affrontare la violenza sessista e sessuale, ha creato un film che sfida le convenzioni e invita a riflettere. La scelta di un tono farsesco non è casuale; è un modo per affrontare il dolore in modo meno diretto, permettendo al pubblico di esplorare temi difficili senza sentirsi sopraffatto.
La regista sottolinea che le donne non hanno la libertà di esprimere la propria volgarità , un aspetto che viene spesso represso dalla società . La sua opera mira a rompere questi tabù, mostrando donne che si comportano in modi che sfidano le aspettative tradizionali. Questo approccio non solo offre una rappresentazione più autentica delle esperienze femminili, ma invita anche a una riflessione più profonda su come la società controlli e definisca il comportamento delle donne.
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I fantasmi del passato e la violenza presente
Nel suo film “Le donne al balcone”, la regista esplora la presenza costante di uomini che hanno esercitato violenza sulle donne. Questi “fantasmi” rappresentano un’eredità di oppressione che continua a influenzare la vita delle donne oggi. La regista afferma che l’aggressore può trovarsi ovunque: tra amici, familiari e conoscenti. Questa realtà inquietante è paragonata a fantasmi che infestano la vita quotidiana, rendendo difficile per le donne trovare un senso di sicurezza.
La regista utilizza immagini potenti per descrivere come le donne, vittime di violenza, iniziano a difendersi. La sua narrazione è una risposta a un mondo in cui l’oppressione è radicata nel passato e nel presente, influenzando il futuro. La metafora della terra che si ribella, simile agli incendi che devastano il pianeta, rappresenta la crescente resistenza delle donne contro la violenza e l’oppressione.
La paura maschile e il futuro del cinema queer
In un passaggio provocatorio, la regista cita Virginie Vepin, suggerendo che se gli uomini avessero più paura delle conseguenze delle loro azioni, potrebbero controllare meglio i propri impulsi. Questa affermazione mette in luce un aspetto fondamentale della discussione sulla violenza di genere: la necessità di una maggiore responsabilità da parte degli uomini.
Guardando al futuro, la regista ha in programma di realizzare un film ispirato al libro “Moi Sporus” di Cristina Rodriguez, che esplora tematiche queer. Questo progetto rappresenta un’evoluzione della sua narrazione, affrontando questioni di genere, potere e relazioni sentimentali. La regista è entusiasta di poter trasmettere idee forti attraverso questa nuova storia, ambientata nell’antica Roma, e spera di raccogliere i fondi necessari per realizzarla.
La sua visione continua a sfidare le norme e a spingere il pubblico a riflettere su questioni di grande rilevanza sociale, rendendo il suo lavoro un contributo significativo al panorama cinematografico contemporaneo.
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