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Violenta aggressione di un detenuto ex pugile senegalese nella casa circondariale di udine

Un detenuto senegalese aggredisce agenti della polizia penitenziaria nella casa circondariale di Udine, evidenziando le difficoltà legate a sovraffollamento e carenza di personale nelle carceri italiane.

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Un detenuto senegalese ex pugile ha aggredito agenti della polizia penitenziaria nel carcere di Udine, evidenziando problemi di sovraffollamento, carenza di personale e sicurezza nelle carceri italiane. - Unita.tv

Un episodio di violenza ha scosso la casa circondariale di Udine nella mattinata del 2025, quando un detenuto di origine senegalese, ex pugile con una forte prestanza fisica, ha aggredito più agenti della polizia penitenziaria durante una contestazione disciplinare. Il trasferimento del recluso da Verona a Udine, deciso per motivi di sicurezza dopo precedenti atti di violenza, si è rivelato difficile da gestire in una struttura ormai sovraffollata e con carenze di organico.

Il racconto dell’aggressione nella casa circondariale

Questa mattina nel carcere di Udine il detenuto senegalese ha reagito con violenza a una contestazione disciplinare. Secondo la ricostruzione del delegato nazionale del sindacato Sappe, Massimo Russo, l’uomo ha sferrato un pugno in volto a un vice ispettore della polizia penitenziaria per poi afferrarlo al collo. La reazione non si è fermata qui: l’ex pugile ha colpito anche altri due agenti che cercavano di fermarlo. L’episodio è stato definito grave soprattutto perché non si tratta del primo caso di aggressione violenta da parte dello stesso detenuto.

Trasferimento e precedenti violenti

Il trasferimento del detenuto era già avvenuto pochi giorni prima dal carcere di Verona per motivi di sicurezza, legati alle aggressioni contro il personale penitenziario. Già quattro giorni prima, l’uomo aveva aggredito gli agenti, confermando una tendenza a comportamenti violenti e difficili da contenere dentro la struttura. Le aggressioni hanno suscitato reazioni forti da parte del Sappe, che attraverso i suoi rappresentanti denuncia le condizioni in cui si trovano a operare i poliziotti penitenziari.

Condizioni di sovraffollamento e carenza di personale nelle carceri italiane

Il sindacato Sappe ha sottolineato come la scelta di spostare detenuti ad alto rischio in strutture come quella di Udine sia spesso problematica. Secondo Massimo Russo, l’amministrazione penitenziaria continua a trasferire carcerati in istituti che soffrono di grave carenza di personale e sovraffollamento delle celle. Queste inefficienze rendono complessa la gestione di soggetti con precedenti di aggressioni, aumentando la tensione tra detenuti e agenti.

Sfide nella gestione dei detenuti problematici

La struttura di Udine, come altre in Italia, presenta difficoltà nell’adattare le dinamiche interne alla gestione di detenuti problematici. Le risorse disponibili sono limitate, e la presenza di reclusi con problemi psichiatrici o comportamenti violenti aggrava una situazione già critica. Il sindacato ricorda come queste carenze a volte espongano gli agenti a rischi elevati, riducendo le misure di sicurezza e il controllo.

Richieste sindacali per la sicurezza degli agenti e gestione dei detenuti problematici

Le aggressioni hanno riportato al centro del dibattito alcune richieste chiave del sindacato Sappe in tema di sicurezza carceraria. Donato Capece, segretario generale del sindacato, ha ribadito la necessità di espellere i detenuti stranieri, una proposta portata avanti da decenni e che trova nel caso odierno una conferma della difficoltà di gestione di alcune categorie di detenuti stranieri.

Inoltre, Capece ha sollecitato la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari destinati ai reclusi con disturbi mentali, che ormai rappresentano una percentuale crescente all’interno del sistema penitenziario ordinario. Questo intervento sarebbe mirato a limitare la presenza di soggetti con problemi psichiatrici direttamente nelle carceri comuni, dove spesso non trovano il supporto adeguato.

Strumenti per la sicurezza degli agenti

Massimo Russo ha insistito sulla necessità di una dotazione efficace per le forze di polizia penitenziaria, come body-cam e taser, strumenti che potrebbero migliorare la gestione di situazioni di violenza improvvisa e proteggere gli agenti. Queste richieste, ancora non accolte in modo diffuso, rappresentano una proposta concreta per aumentare la sicurezza dentro gli istituti di pena.

L’aggressione nel carcere di Udine richiama così l’attenzione sulle difficoltà quotidiane del personale penitenziario e le criticità organizzative nelle carceri italiane, segnate da sovraffollamento e carenza di risorse. La questione rimane aperta, con la pressione dei sindacati verso misure che possano limitare questi episodi di violenza e tutelare chi lavora negli istituti.