Una coppia bergamasca ha affrontato una procedura medica innovativa all’azienda ospedaliero universitaria di Padova, dove Antonio ha ricevuto un trapianto di rene donato dalla moglie Silvia. Durante i controlli prima dell’intervento, è stato rilevato un tumore nel rene di lei, subito rimosso con un intervento chirurgico robotico. A tre mesi dall’operazione entrambi stanno bene, segnando una prima esperienza italiana di trapianto con nefrectomia parziale robotica.
Il caso della coppia bergamasca e la diagnosi di tumore nel rene donatore
Antonio e Silvia Tommasoni, marito e moglie originari di Bergamo, si sono rivolti a Padova per il trapianto di rene. Antonio, che aveva già ricevuto un rene 35 anni fa, necessitava di un nuovo intervento a causa del deterioramento della funzione del primo rene trapiantato. La moglie Silvia si è proposta come donatrice vivente, un gesto importante ma che ha portato alla luce una complicazione inaspettata.
Nel corso degli esami preoperatori, i medici hanno non solo confermato la compatibilità per il trapianto ma hanno anche scoperto la presenza di un tumore nel rene di Silvia, accompagnato da due calcoli. La scoperta ha complicato la situazione, perché un tumore renale avrebbe ostacolato la donazione e avrebbe rappresentato un rischio per la salute della donna. Per evitare di rinunciare al trapianto e gestire il problema al contempo, è stata indispensabile un’azione medica combinata e precisa.
L’intervento robotico per la rimozione del tumore e la preservazione della funzione renale
La soluzione individuata dai medici ha previsto l’asportazione del tumore tramite chirurgia robotica, senza rimuovere completamente il rene: una nefrectomia parziale. Questa tecnica permette di estrarre solo la porzione del tessuto affetta dalla neoformazione, preservando il resto dell’organo e mantenendo la funzione renale nella donatrice.
L’approccio robotico ha portato vantaggi fondamentali in termini di precisione e minore invasività. L’intervento è durato circa 140 minuti, seguito da un ricovero di soli due giorni. Le complicanze, contenute nel 3% dei casi e di lieve entità, sono state evitate o gestite facilmente. Questo ha reso possibile salvaguardare la salute di Silvia, garantendo al contempo la possibilità di procedere con il trapianto.
Questa procedura, nuova in Italia, ha richiesto una stretta collaborazione multidisciplinare. Hanno lavorato insieme il reparto di chirurgia dei trapianti di rene e pancreas, guidato da Lucrezia Furian, e l’unità di urologia diretta da Fabrizio Dal Moro. Il lavoro è stato supportato da anatomia patologica per la diagnosi e da endourologia per la gestione dei calcoli renali, dimostrando la complessità e la precisione del percorso terapeutico.
L’eccellenza dell’azienda ospedaliero universitaria di Padova nei trapianti di rene da donatore vivente
L’azienda ospedaliero universitaria di Padova si conferma leader nel campo dei trapianti da donatore vivente. Nel 2024 ha eseguito 56 trapianti di questo tipo, posizionandosi al primo posto in Italia per numero di interventi. La prima operazione di questo genere risale al 1991, anno in cui è stato realizzato il primo trapianto da donatore vivente italiano.
Nel corso degli anni, Padova ha sviluppato programmi di formazione dedicati a incrementare la donazione di rene da vivente. Nel 2008 è stato avviato il primo corso specifico, contribuendo a diffondere le competenze necessarie per questo tipo di interventi. L’attività è proseguita con importanti successi, come l’introduzione nel 2010 dei trapianti su pazienti con incompatibilità ABO e su riceventi immunizzati.
La struttura ha portato avanti esperienze complesse, tra cui il primo scambio di trapianti nel 2017, e nel 2018 il primo trapianto da donatore vivente in ricevente con Hiv positivo. Questi risultati testimoniano l’attenzione al progresso tecnico e alla gestione di casi clinici particolari, permettendo di allargare le possibilità terapeutiche in ambito nefrologico.
Antonio e Silvia, dopo l’intervento combinato di trapianto e asportazione robotica del tumore, rappresentano un caso esemplare dell’efficacia di percorsi diagnostici e terapeutici integrati. Al momento, a pochi mesi dall’operazione, entrambi presentano un quadro clinico stabile che conferma il successo di questa strada chirurgica e la importanza della donazione da vivente come risorsa per i pazienti con insufficienza renale cronica.
Ultimo aggiornamento il 16 Luglio 2025 da Davide Galli