La morte di Samuele Privitera, 19 anni, caduto durante una gara in Valle d’Aosta, riporta sotto i riflettori la sicurezza nel ciclismo. Cordiano Dagnoni, presidente della Federazione ciclistica italiana, ha annunciato l’intenzione di proporre all’Unione ciclistica internazionale nuove regole su bici, abbigliamento e caschi. L’obiettivo è semplice e chiaro: mettere la sicurezza degli atleti davanti a tutto, anche se questo significa cambiare caratteristiche tecniche come peso e aerodinamica delle attrezzature.
Incidenti in aumento, si punta a regole più dure su bici e protezioni
Dagnoni non ha usato giri di parole: serve un salto di qualità nella sicurezza nel ciclismo. Ha citato sport come sci ed equitazione, dove l’airbag è già una realtà. Nel motorsport, ad esempio, ci sono i roll bar per proteggere i piloti. Nel ciclismo, invece, non esistono ancora standard simili per ridurre i traumi in caso di cadute ad alta velocità.
Le nuove proposte non riguardano solo le biciclette, ma anche l’abbigliamento e i caschi. Sono elementi chiave per evitare infortuni gravi. La priorità sarà proteggere gli atleti, anche se questo significa rinunciare a qualche grammo in meno o a forme più aerodinamiche. Il messaggio è netto: la salute e la vita degli atleti contano più delle prestazioni in gara.
Nasce una commissione per la sicurezza: dal campo alle strade aperte
La Federazione ha dato il via libera a una commissione dedicata alla sicurezza, che riunisce esperti da vari settori. L’obiettivo è studiare interventi concreti da proporre all’Uci. Si analizzeranno tutti i fattori di rischio, dalle gare agli allenamenti, spesso svolti su strade aperte al traffico.
Dagnoni ricorda che gare e allenamenti espongono i ciclisti a pericoli diversi. Le corse, con curve insidiose, velocità elevate e la presenza di altri corridori, aumentano il rischio di incidenti gravi. La commissione, lavorando su dati e incidenti recenti, punta a trovare soluzioni pratiche per ridurre i rischi e le conseguenze delle cadute.
Il ciclismo non è uno sport senza rischi: serve responsabilità
Il ciclismo, come molti sport di resistenza e velocità, porta con sé rischi inevitabili. Dagnoni lo dice senza giri di parole: “Non esiste sport a rischio zero”. Gli allenamenti possono essere pericolosi, soprattutto quando si svolgono su strade aperte al traffico. Le gare poi aggiungono un livello di difficoltà in più, specie su percorsi lunghi e tecnici.
La Federazione mostra di voler prendersi la responsabilità e affrontare questa sfida. Le proposte di sicurezza saranno studiate e condivise con l’Uci, con l’obiettivo di cambiare una realtà che finora è stata difficile da modificare. Lo sport va avanti, ma deve farlo mettendo al primo posto la protezione di chi lo pratica.
La tragedia di Pontey ha segnato un punto di svolta per la sicurezza nel ciclismo italiano. Da qui potrebbe nascere un cambiamento vero nelle regole, più attento ai rischi e più deciso a proteggere gli atleti con attrezzature e dispositivi più sicuri.
Ultimo aggiornamento il 18 Luglio 2025 da Giulia Rinaldi