Un vicebrigadiere dei carabinieri è stato condannato a risarcire il ministero della Difesa per aver svolto un’attività commerciale senza l’autorizzazione. L’uomo, che risiede in Valle d’Aosta ma è originario della Campania, è stato ritenuto responsabile di aver gestito in prima persona un’impresa di vendita di automobili e ricambi, nonostante fosse vietato dal regolamento militare. La decisione arriva dalla Corte dei conti che ha preso in esame la vicenda legata alle attività svolte nel biennio 2022-2023.
La vicenda giudiziaria e i dettagli del procedimento in Valle D’Aosta
La sentenza arriva dalla sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Valle d’Aosta, guidata dal presidente Maria Riolo. Secondo le indagini della guardia di finanza, il 43enne, in servizio come vicebrigadiere, aveva gestito un’attività commerciale legata alla rivendita di autovetture e autoricambi. L’impresa risultava formalmente intestata alla convivente, ma le verifiche hanno dimostrato il coinvolgimento diretto del militare.
Il procedimento ha accertato che l’uomo ha agito senza alcuna autorizzazione da parte dell’amministrazione militare, che per questa tipologia di attività è espressamente vietata. Il militare, che non si è costituito in giudizio, è stato dunque riconosciuto responsabile della violazione dei doveri di servizio. La Corte dei conti ha disposto il risarcimento di 13.092 euro al ministero della Difesa, corrispondenti al 50% dei profitti derivati dall’impresa durante gli anni 2022 e 2023.
Prove raccolte dalle fiamme gialle e testimonianze chiave dell’indagine
Le informazioni girate dall’autorità contabile si basano su un’accurata attività investigativa condotta dalla guardia di finanza di Aosta. Nel corso delle indagini, è emerso che il militare dedicava a questa attività commerciale circa sei ore al giorno. La convivente ha confermato ai militari di aver visto il compagno impegnato regolarmente in questa impresa, sottolineando che i compensi derivanti passavano su un conto corrente cointestato.
In particolare, il 7 aprile 2023 il vicebrigadiere ha reso dichiarazioni che hanno contribuito a chiarire la posizione a suo carico, ammettendo di aver operato all’interno dell’attività nonostante il divieto vigente per gli appartenenti alle forze dell’ordine in servizio. La gestione economica dell’impresa è stata così ricostruita attraverso dettagli precisi sui guadagni, calcolati per i due anni considerati.
Aspetti normativi sul rapporto tra servizio militare e attività commerciali
Il ruolo di vicebrigadiere impone vincoli molto stretti sul coinvolgimento in attività economiche private, soprattutto se queste comportano un impegno diretto sul mercato. La normativa militare vieta espressamente che i militari in servizio svolgano imprese commerciali non autorizzate dall’amministrazione di appartenenza. Questo divieto mira a evitare conflitti di interesse o distrazioni dai compiti istituzionali.
La sentenza della Corte dei conti ricorda che, per natura, l’attività svolta dal militare non avrebbe potuto ottenere alcuna autorizzazione. Le leggi di riferimento tutelano la trasparenza e l’imparzialità degli apparati dello Stato, richiedendo a chi svolge servizio militare di astenersi da pratiche che possano generare benefici privati non dichiarati o non autorizzati. Questa responsabilità è parte integrante della disciplina che governa il personale militare, cui apparteneva il vicebrigadiere.
Conseguenze economiche e implicazioni per la condotta degli appartenenti alle forze dell’ordine
Oltre all’obbligo risarcitorio, la vicenda mette in evidenza il rischio di sanzioni per chi esercita poteri pubblici e viola norme sul divieto di attività private. Il valore del risarcimento si basa sulle somme accumulate illegalmente ed è stato quantificato esaminando il profitto prodotto dall’impresa. Il calcolo riguarda la metà di quanto guadagnato negli anni presi in considerazione dalle autorità inquirenti.
La decisione della Corte ha valore esemplare per ribadire l’importanza del rispetto delle regole da parte del personale militare. La condotta irregolare, oltre a ledere la fiducia nelle istituzioni, espone i militari a conseguenze economiche pesanti e a possibili procedimenti disciplinari o penali. L’intervento delle fiamme gialle dimostra quanto sia attento il controllo pubblico su queste situazioni per garantire rispetto alle norme vigenti.
Ultimo aggiornamento il 2 Agosto 2025 da Matteo Bernardi