Il mondo universitario italiano si prepara a una giornata di protesta significativa lunedì 12 maggio, quando si terrà uno sciopero generale nazionale proclamato dalla Confederazione nazionale di base . La mobilitazione nasce da un malcontento diffuso tra docenti, ricercatori e lavoratori precari dell’università, che chiedono la fine dei tagli economici, il miglioramento delle condizioni contrattuali e il superamento di un sistema lavorativo troppo frammentato e sottopagato. Le iniziative a Torino e Milano segneranno momenti cruciali della protesta.
Motivazioni dello sciopero: stop ai tagli e al precariato nell’università pubblica
La protesta ha origini precise: una forte opposizione ai tagli finanziari imposti dal governo Meloni al comparto universitario e della ricerca. Le sigle Flaica-Cub e Cub-Sur evidenziano come, mentre si incrementano le spese militari e il debito pubblico a vantaggio dell’industria bellica, i fondi destinati all’università si riducono progressivamente, con un impatto diretto su livelli occupazionali e qualità del lavoro. Si denuncia in particolare come la riforma Bernini, recentemente introdotta, aggravi ulteriormente la condizione di precariato per molte figure dell’ateneo senza offrire contratti stabili o decorosi.
Parallelamente, emergono ovvie critiche contro il sistema degli appalti, che coinvolge numerosi lavoratori esternalizzati e contribuisce a posizioni lavorative deboli, con salari più bassi e tutele limitate. Il risultato, secondo gli organizzatori dello sciopero, è un contesto universitario frammentato e insostenibile per chi dedica la propria carriera e tempo alla ricerca e all’insegnamento.
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Il ruolo di torino e milano nella mobilitazione universitaria
La protesta assumerà forme concrete in sedi chiave. A Torino è previsto un presidio già dalle 7.30 al Castello del Valentino, antico palazzo simbolico e cuore verde della città. Da lì, nel pomeriggio, partirà un corteo diretto verso il Rettorato dell’università, che riunirà studenti, lavoratori e docenti in un’assemblea pubblica convocata per le 17. Il percorso della manifestazione toccherà punti strategici, volendo dare visibilità sia alla mobilitazione con un forte impatto mediatico, sia all’invito a rivedere politiche universitarie ritenute insoddisfacenti.
Milano risponderà con un presidio all’Università Bicocca a partire dalle 11. La scelta di questa sede risponde alla sua importanza nell’istruzione e nella ricerca nel nord Italia, ed è stata indicata come luogo adatto per proseguire la protesta in un polo accademico di rilievo. L’iniziativa milanese si annuncia come momento di confronto e comunicazione tra varie componenti del mondo accademico e della ricerca.
Richieste della confederazione nazionale di base per l’università e la ricerca
Al centro delle rivendicazioni della Cub ci sono richieste precise e articolate. La prima riguarda il taglio della spesa destinata al comparto militare: quei fondi andrebbero, secondo la confederazione, riconvertiti per finanziare l’università pubblica e la stabilizzazione del personale precario. Le carenze finanziarie attuali non consentono infatti né concorsi nazionali trasparenti né la fine delle pratiche di reclutamento basate su meccanismi giudicati “baronali”.
Altro punto fondamentale è l’abolizione dei lavori in appalto nelle università. A essere coinvolte sono tante professionalità esternalizzate che, per motivi contrattuali, vivono una condizione di svantaggio rispetto al personale interno. La Cub chiede la stabilizzazione di queste figure, rilanciando un modello di lavoro più equo e riconosciuto. Queste rivendicazioni puntano a contrastare il precariato dilagante e migliorare la qualità del lavoro accademico, oggi compromessa dalle politiche economiche adottate.
Il mondo universitario italiano si prepara insomma a una giornata di protesta serrata e partecipata. Le manifestazioni di Torino e Milano faranno da riferimento per un movimento che vuole riportare all’attenzione pubblica e politica condizioni di lavoro e finanziamento spesso trascurate. Lo sciopero di lunedì rappresenta un segnale forte da parte di quanti chiedono una reimpostazione concreta delle priorità nel campo dell’istruzione e della ricerca pubblica.