Una studentessa ucraina a Milano: fiducia e sfide nel rapporto con l’Europa e la guerra
Irina Yuriv, studentessa di Scienze politiche e sociali all’Università Cattolica di Milano, racconta il suo legame con l’Ucraina e il ruolo dell’Europa nella ricerca della pace.

Irina Yuriv, studentessa ucraina all’Università Cattolica di Milano, racconta il suo legame tra Ucraina ed Europa, evidenziando le sfide della guerra, il ruolo dell’Europa nel sostegno ai rifugiati e l’importanza della formazione per costruire pace e dialogo. - Unita.tv
Irina Yuriv, studentessa di Scienze politiche e sociali all’Università Cattolica di Milano, rappresenta un filo di speranza e dialogo tra due mondi segnati dalla guerra. Arrivata in Italia da bambina, porta con sé radici profonde in Ucraina, che si intrecciano con un presente europeo fatto di incertezze e speranze. Il suo racconto offre uno sguardo intimo sulle difficoltà di chi vive il conflitto da vicino e sul ruolo che l’Europa può giocare nella costruzione della pace e della comprensione.
Il ruolo dell’europa tra sanzioni, cooperazione e speranza
Irina interpreta le iniziative europee contro la guerra come un segnale importante. Diffida però dal vedere nell’Unione Europea il protagonista di una strategia definitiva: “Ci sono nuove sanzioni alla Russia e accordi per una cooperazione manifatturiera, ma rimane difficile capire quando e come arriverà la pace”. Queste parole mettono in evidenza il senso di frustrazione diffuso tra coloro che vivono l’emergenza giorno dopo giorno. L’assenza di certezze sul cessate il fuoco rappresenta un ostacolo non solo politico, ma anche umano e sociale.
Nonostante i limiti evidenti, l’Europa resta, per lei, un punto di riferimento nel sostegno al suo paese. Ricorda le misure a favore degli ucraini che si rifugiano nel continente, i percorsi di integrazione avviati da molte nazioni, tra cui l’Italia. Afferma di sentirsi prima cittadina europea e poi ucraina, per via delle opportunità che quelle istituzioni le hanno offerto. Ma è evidente che il percorso da compiere rimane lungo. L’Europa resta un progetto incompiuto, dove l’azione politica appare ancora rallentata da compromessi e difficoltà interne.
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Restrictzioni ai visti e impatto sugli studenti internazionali
La recente decisione dell’amministrazione degli Stati Uniti di bloccare i visti per molti studenti stranieri preoccupa Irina. Spiega che la misura non riguarda solo ragioni burocratiche, ma una selezione basata sull’orientamento politico dei candidati. Questo tipo di controllo limita la possibilità di apprendere attraverso il confronto e il dialogo.
Il problema è che conoscenza e discussione devono andare insieme. Senza il confronto aperto, si rischia di creare ambienti chiusi dove prevalgono idee imposte più che quelle scelte liberamente. La chiusura ai visti rischia quindi di recidere quello scambio culturale e intellettuale, indispensabile per crescere come individui e come società. Per molti giovani come Irina, queste misure frenano anche l’esplorazione di percorsi accademici essenziali per la loro formazione.
Formazione, critica e futuro tra università e politica
Nel discorso della rettrice Beccalli che ha aperto un incontro tra studenti e istituzioni, è emerso un messaggio chiaro: l’università deve essere la migliore per il mondo, e non del mondo. Irina interpreta queste parole come un invito a superare logiche individualiste e capitaliste. Ricorda come l’impegno personale debba tradursi in un lavoro condiviso, almeno nel contesto delle sfide che la politica e la società affrontano oggi. La percezione è che certi atteggiamenti egoisti prevalgano ancora nelle scelte pubbliche.
Per Irina, la formazione rappresenta il terreno base per questo cambiamento. Senza conoscenza è impossibile capire quale scelta sia giusta o sbagliata, né prendere decisioni autonome. Questo vale sia in politica che nella vita quotidiana. Il percorso universitario le ha dato strumenti per diventare una cittadina più consapevole e critica, capace di osservare il mondo con occhi meno superficiali. Apprezza quando l’ateneo porta al centro del confronto eventi e situazioni attuali, perché così cresce la capacità di partecipazione attiva.
La storia personale di irina e il legame con l’ucraina
Irina Yuriv è nata nella provincia di Ivano-Frankivs’k, vicino Leopoli, una zona relativamente più sicura in Ucraina. Pur vivendo in Italia da quando aveva sei anni, si definisce “100% ucraina” e mantiene un forte legame con la sua terra d’origine. La sua famiglia, oltre ai genitori che vivono con lei in Italia, resta principalmente in Ucraina, un paese ancora segnato dalla guerra. Questo doppio intreccio culturale e geografico la porta a vivere con una consapevolezza diversa rispetto a molti altri giovani: conosce la fragilità della pace e la portata di un conflitto che cambia vite, confini, destini.
In incontri con rappresentanti delle istituzioni europee, Irina mette in luce questa complessità. Il suo italiano perfetto, frutto di anni trascorsi tra due culture, è un veicolo per raccontare storie spesso dimenticate nei dibattiti istituzionali. Il suo interlocutore apprezza la sua capacità di porsi su un terreno comune e di mantenere viva l’attenzione sulle sofferenze che la guerra provoca ogni giorno sulla sua terra natale.
Sentirsi protetti dall’europa pur nella guerra
La sensazione di protezione offerta dall’Europa aggiunge un ulteriore tassello al rapporto complicato che Irina ha con queste istituzioni. Accoglie con favore i sostegni concreti forniti dall’Unione europea agli ucraini, dal supporto umanitario alle possibilità di studio e lavoro. Questa sicurezza, però, convive con la consapevolezza che la guerra non è ancora finita e che molto resta da fare.
Il fatto di sentirsi prima cittadina europea rappresenta un riconoscimento del ruolo che l’Europa sta giocando nella sua vita quotidiana. Poter muoversi liberamente, accedere a servizi e opportunità formano quella rete di protezione che spesso manca in un paese sotto assedio. Ma questa appartenenza non esclude un sentimento profondo verso l’Ucraina, terra di origine e di radici imprenscindibili. Irina vive questa condizione come un equilibrio delicato tra identità multiple e esigenze concrete di sicurezza.
Sono molte le sfide che attendono giovani come lei, studenti che attraversano più culture e sentono la responsabilità di raccontare un’epoca segnata da conflitti ma anche da tentativi di dialogo. Milano, con la sua università, diventa allora un crocevia di storie e visioni che cercano spazi per farsi ascoltare.