
Un evento a Villa Borghese, promosso da Arma dei Carabinieri, Soroptimist International d’Italia e Fondazione "Una Nessuna Centomila", ha coinvolto giovani in un confronto sulla prevenzione della violenza di genere, sottolineando l’importanza di educazione, tecnologia e sport per promuovere rispetto e responsabilità. - Unita.tv
Un evento promosso dall’Arma dei Carabinieri insieme al Soroptimist International d’Italia e alla Fondazione “Una Nessuna Centomila” ha riunito giovani a villa borghese per discutere della violenza di genere. L’incontro ha puntato su prevenzione e responsabilità condivisa, coinvolgendo ragazze e ragazzi in un confronto diretto su temi difficili ma fondamentali.
Il ruolo del soroptimist international d’italia nella lotta alla violenza
Adriana Macchi, presidente di Soroptimist International d’Italia e madrina dell’evento, ha aperto la manifestazione sottolineando l’importanza della collaborazione tra mondo civile e istituzioni. Ha affermato che “la radice della violenza sta nella discriminazione e in rapporti di potere sbagliati”. Per questo serve una cultura del rispetto e della non violenza, insieme a una società più equa. Macchi ha evidenziato quanto sia cruciale lavorare per cambiare atteggiamenti e mentalità che alimentano la violenza contro le donne. Per lei, “senza questi cambiamenti, il rischio di ripetere schemi dannosi resta alto.”
Ha poi spiegato come il Soroptimist, organizzazione da decenni impegnata nelle tematiche di genere, sviluppi progetti concreti in sinergia con le forze dell’ordine. Insieme, si lavora su iniziative che aiutano le vittime a denunciare e a sentirsi protette. L’idea è quella di costruire alleanze forti tra donne, forze dell’ordine e cittadini attivi per cambiare passo nella prevenzione.
Progetti innovativi per proteggere le donne vittime di violenza
L’Arma dei Carabinieri ha portato esempi pratici di come si affronta la questione in modo diretto. Tra questi spicca “Una stanza tutta per sé”, uno spazio riservato dentro le caserme dedicato alle donne che devono raccontare la propria esperienza. Il luogo è pensato per abbattere il peso emotivo che può accompagnare una denuncia, creando un ambiente accogliente e discreto. Questa attenzione ai dettagli aiuta molte donne a sentirsi meno sole nel momento della difficoltà.
Parallelamente, è stato sviluppato “Mobile Angel”, uno smartwatch connesso alla centrale operativa dei Carabinieri. Questo dispositivo rappresenta un aiuto concreto per le vittime di violenza, dando loro la possibilità di lanciare un allarme rapido in caso di pericolo. Il progetto mostra come la tecnologia possa diventare uno strumento utile nella tutela della sicurezza personale, soprattutto in situazioni critiche dove ogni secondo conta.
Educare alle emozioni per prevenire i comportamenti violenti
Il colonnello Barbara Vitale, comandante della Sezione Atti Persecutori del Reparto Analisi Criminologiche, ha offerto un contributo importante sul piano psicologico. Ha spiegato che la violenza di genere spesso nasce da emozioni mal gestite come l’ira, il senso di possesso o la frustrazione. Questi stati d’animo, se non riconosciuti, possono portare a confondere il controllo con l’amore, creando relazioni tossiche.
Secondo Vitale, “educare a riconoscere e gestire le emozioni è la chiave per fermare la violenza molto prima che si trasformi in un reato”. La prevenzione, quindi, passa anche da una maggiore consapevolezza emotiva, senza la quale i comportamenti violenti restano radicati. Questa visione sottolinea la necessità di interventi educativi già nelle scuole e nelle famiglie per offrire ai ragazzi strumenti concreti per capire se stessi e gli altri.
Il contributo della fondazione “una nessuna centomila” e il dialogo con i giovani
Durante l’evento erano presenti Monica Pasquino, formatrice, ed Eva Milella, podcaster e autrice, entrambe legate alla fondazione “Una Nessuna Centomila”. Hanno proposto ai ragazzi la visione di due cortometraggi: “Se io non voglio tu non puoi” e “È come sembra”, realizzato dal laboratorio artistico della Fondazione. Questi video stimolano riflessioni sul consenso e sul rispetto reciproco.
Le due ospiti hanno richiamato l’attenzione su come certi modi di parlare o atteggiamenti apparentemente innocui possano diventare forme di violenza normalizzate. Sul linguaggio e sui piccoli silenzi sono nate discussioni importanti con i giovani, che hanno imparato a riconoscere comportamenti sbagliati spesso sottovalutati o fraintesi. Il messaggio centrale ha riguardato “l’importanza del consenso chiaro e della responsabilità di ognuno nel non accettare battute o gesti che possono ferire.”
Lo sport come strumento di costruzione dell’identità personale
A chiudere l’iniziativa è stata la campionessa di taekwondo Maristella Smiraglia, atleta del Centro Sportivo Carabinieri. Ha raccontato come lo sport abbia aiutato a costruire la propria identità. Ha sottolineato che “la relazione più importante che si ha è con se stessi, quella che dura tutta la vita.” Per lei, partire da questa consapevolezza è cruciale per difendere la propria integrità e per affrontare qualsiasi difficoltà.
Smiraglia ha evidenziato che lo sport può dare strumenti di autodifesa oltre a rafforzare la fiducia in se stessi. Questo messaggio invita a considerare l’attività fisica non solo in chiave agonistica, ma come una risorsa per vivere meglio e gestire momenti difficili. Lo sport diventa quindi anche un modo per promuovere la prevenzione della violenza, lavorando sulla forza interiore delle persone.