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La propensione al risparmio in Umbria tra le più basse del Centro-nord Italia secondo dati ufficiali

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Risparmio in Umbria, livelli tra i più bassi del Centro-nord Italia - Unita.tv
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L’ultimo studio del Centro studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”, integrato dalle elaborazioni della Camera di commercio dell’Umbria, fotografa un dato chiaro: la propensione al risparmio delle famiglie umbre resta sotto la media nazionale e regionale del Centro Italia. Analizzando le percentuali emergono differenze importanti tra territori, con scelte di bilancio familiari che riflettono realtà economiche piuttosto diverse.

La situazione del risparmio in Umbria rispetto al resto d’Italia centrale e settentrionale

I dati raccolti dall’indagine evidenziano che in Umbria la percentuale di reddito destinata al risparmio è pari al 6,4%. Questo valore si colloca nettamente sotto la media nazionale dell’8,3% e al di sotto del 7,5% registrato nel complesso delle regioni del Centro Italia. Tra le regioni vicine, la Toscana presenta una propensione al risparmio dell’8,1%, le Marche del 7,5%, mentre il Lazio si attesta al 7,2%. Questi numeri indicano che l’Umbria ha una capacità di mettere da parte denaro relativamente ridotta rispetto ai vicini più forti. Solo alcune regioni del Sud, come la Basilicata con il 6%, mostrano dati inferiori.

Nel quadro nazionale, le prime posizioni spettano al Piemonte con l’11,2%, alla Lombardia con il 10,9% e all’Emilia-Romagna con il 10,3%. Le differenze tra Nord e Centro-Sud appaiono quindi piuttosto marcate, segnalando una distribuzione disomogenea delle capacità di risparmio nelle famiglie italiane.

Fattori economici che condizionano la bassa propensione al risparmio in Umbria

Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria, ha spiegato come i redditi più bassi della regione siano alla base di questa difficoltà a risparmiare. La regione registra livelli di reddito inferiori alla media nazionale, e questo è un riflesso diretto di un mercato del lavoro che presenta spesso occupazioni poco retribuite o precarie. Anche i profitti delle imprese umbre restano più contenuti rispetto ad altre aree italiane, con effetti negativi sulle risorse disponibili per le famiglie.

Mencaroni sottolinea che, “nonostante alcune aziende umbre si distinguano per qualità e risultati, il dato complessivo resta critico.” La scarsa produttività viene indicata come il problema principalmente strutturale, a cui si lega un bisogno urgente di innovazione tecnologica e green. La regione deve quindi fare un salto significativo in termini di crescita dei livelli di competitività produttiva.

L’importanza di innovazione e formazione per rilanciare il tessuto economico umbro

Per favorire un aumento della produttività e quindi migliorare redditi e risparmio, serve una forte spinta nell’adozione di tecnologie digitali e nella transizione ecologica. Mencaroni evidenzia come sia indispensabile potenziare le competenze della forza lavoro e degli imprenditori attraverso la formazione continua. Solo così potrà partire un processo di rinnovamento economico capace di invertire il trend negativo.

Un richiamo forte viene fatto anche al ruolo congiunto delle istituzioni, delle rappresentanze economiche e sociali e del governo centrale. Tutti devono lavorare per evitare che l’Umbria scivoli verso condizioni più simili a quelle del Mezzogiorno, fenomeno in atto da almeno venti anni. Serve, in sintesi, un “New deal” territoriale che riunisca risorse e volontà per riaprire la strada a una crescita economica e sociale duratura.

Questi dati e riflessioni fanno emergere una fotografia puntuale sulle sfide economiche umbre. L’attenzione è ora rivolta alle strategie concrete da mettere in campo per recuperare terreno e garantire a famiglie e imprese condizioni migliori di vita e lavoro.

Ultimo aggiornamento il 26 Luglio 2025 da Matteo Bernardi

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Matteo Bernardi

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