
Ripreso a Crotone il processo per il naufragio di Steccato di Cutro (26 febbraio 2023) in cui 94 migranti, tra cui 35 minori, persero la vita; sei militari della Guardia di finanza e Guardia costiera sono imputati per omissioni nel soccorso, con accuse di naufragio e omicidio plurimo colposo. - Unita.tv
Il processo per il naufragio avvenuto il 26 febbraio 2023 davanti alle coste di Steccato di Cutro è ripreso davanti al gup di Crotone Elisa Marchetto. Sei militari, appartenenti alla Guardia di finanza e alla Guardia costiera, sono imputati per il naufragio che ha provocato la morte di 94 migranti, di cui 35 minori, con diversi dispersi. Le accuse principali riguardano omissioni nella gestione delle operazioni di soccorso durante l’emergenza.
I fatti alla base del processo e la richiesta di rinvio a giudizio
Il 26 febbraio 2023 un barcone carico di migranti si è ribaltato al largo di Steccato di Cutro, in Calabria. Le condizioni meteo non particolarmente avverse e la presenza delle forze in mare avrebbero potuto impedire la tragedia, ma qualcosa non ha funzionato. Dopo il naufragio, la Procura ha avviato un’inchiesta che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per quattro finanzieri e due militari della Guardia costiera.
I sei sono accusati di naufragio colposo e omicidio plurimo colposo. Il capo d’imputazione si concentra su presunte omissioni, soprattutto legate al mancato attivamento del Piano Sar, il sistema di ricerca e soccorso in mare previsto proprio per queste emergenze. Di fatto, si contesta loro di non aver attivato prontamente le procedure di intervento previste, con conseguenze fatali.
Nel corso delle udienze precedenti sono state accolte le costituzioni di parte civile da parte di famiglie delle vittime e associazioni coinvolte nella difesa dei diritti dei migranti. Il procedimento è seguito con attenzione, visto il dramma umano e i possibili risvolti giudiziari.
I nomi degli imputati e i loro ruoli nella gestione del soccorso
Gli imputati sono sei militari con ruoli di comando e responsabilità operative durante la notte del naufragio. Giuseppe Grillo, 56 anni, era capo turno della sala operativa del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia. Alberto Lippolis, 50 anni, comandava il Roan, mentre Antonino Lopresti, 51 anni, ricopriva il ruolo di ufficiale in comando tattico.
Tra gli altri, Nicolino Vardaro, 52 anni, era comandante del Gruppo aeronavale di Taranto, Francesca Perfido, 40 anni, ufficiale di ispezione presso l’Italian Maritime Rescue Coordination Center di Roma. Infine, Nicola Nania, 51 anni, era in servizio al V Mrsc di Reggio Calabria la notte dell’incidente.
Le diverse responsabilità fanno pensare a una catena di comando che avrebbe potuto agire per evitare la tragedia, ma a quanto emerge dagli atti giudiziari non è stata seguita una procedura efficace. Le indagini punteranno a chiarire se e in che modo ogni singolo ufficiale abbia contribuito all’esito drammatico.
Contestazioni penali e gestione delle emergenze marittime
Al centro del processo ci sono due capi di accusa: naufragio colposo e omicidio plurimo colposo. Questi reati derivano dalla valutazione di una presunta negligenza e mancanza di intervento adeguato, in particolare per non aver attivato il Piano Sar, previsto per gestire emergenze in mare con operazioni coordinate di salvataggio.
La Procura sostiene che la mancata attuazione di questo piano abbia causato gravi ritardi nel soccorso, contribuendo all’aggravarsi della situazione e conseguentemente al numero elevato delle vittime. Il Piano Sar prevede l’uso di risorse aeree e navali per il recupero rapido di naufraghi, così da limitare al massimo i rischi per chi si trova in difficoltà in mare.
Nel caso di Steccato di Cutro, queste procedure sarebbero state ignorate o ritardate da chi aveva la responsabilità di coordinare gli interventi. L’udienza in corso serve a valutare l’effettiva responsabilità degli imputati, basandosi sulle testimonianze, documenti e intercettazioni raccolte dagli inquirenti.
Impatto del naufragio sulla comunità e risposta istituzionale
Il naufragio ha avuto un forte impatto nelle comunità calabresi e in tutta Italia, riportando l’attenzione sull’emergenza migratoria e sulle modalità di gestione nei mari italiani. Le famiglie delle vittime hanno chiesto verità e giustizia, dando vita a proteste e iniziative pubbliche in memoria delle persone scomparse.
L’episodio ha inoltre acceso il dibattito sulle responsabilità delle forze di soccorso e sulla necessità di una migliore organizzazione dei sistemi di intervento in mare. In risposta, il governo e le autorità competenti hanno avviato verifiche su protocolli e procedure, con l’obiettivo di evitare che simili tragedie si ripetano.
Il processo a Crotone rappresenta un passaggio cruciale per chiarire errori e negligenze, ma anche per capire come migliorare la gestione delle crisi legate ai flussi migratori lungo le coste italiane. Si attende ora il prosieguo delle udienze per avere risposte più precise.