Il rapporto Turismo Dop appena presentato a Roma mette in luce le regioni italiane che trainano il legame tra prodotti a indicazione geografica e turismo. Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia si confermano ai vertici grazie a una rete ben organizzata di consorzi di tutela e filiere produttive. Al contrario il Sud Italia mostra un ritardo significativo nel cogliere appieno le potenzialità del turismo legato ai prodotti Dop-Igp.
Dati chiave del rapporto turismo dop 2024
Il primo rapporto Turismo Dop è stato pubblicato da Fondazione Qualivita insieme a Origin Italia con il supporto del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste . La presentazione ufficiale si è svolta oggi a Roma alla presenza dei ministri Francesco Lollobrigida e Daniela Santanchè .
Nel documento emergono cifre importanti per capire lo stato attuale del settore: sono 585 le attività collegate al cosiddetto “nuovo modello turistico” promosso da 361 consorzi di tutela che rappresentano 597 prodotti certificati Dop-Igp. Nel solo 2024 sono stati organizzati 235 eventi dedicati a questi temi.
A queste iniziative si aggiungono poi infrastrutture permanenti – ben 188 – destinate alla valorizzazione territoriale; altrettanto rilevanti i riconoscimenti ufficiali con oltre 130 elementi che identificano chiaramente le zone di origine dei prodotti certificati. Non mancano azioni specifiche d’informazione per sensibilizzare consumatori e visitatori.
Il quadro si completa con la presenza sul territorio italiano di oltre cento strade ed itinerari tematici collegati alle produzioni tipiche, insieme a siti Unesco , paesaggi rurali storici , parchi naturali o aree protette . Questi numeri sottolineano un sistema articolato fatto non solo di cibo ma anche di cultura ambientale diffusa.
Perché veneto, toscana, emilia romagna e lombardia dominano nel turismo dop
Le regioni leader mostrano caratteristiche comuni secondo gli esperti coinvolti nell’analisi. Il Veneto ad esempio vanta filiere produttive consolidate come quelle del Prosecco o Asiago; la Toscana spicca per vini come il Chianti ma anche salumi riconosciuti; l’Emilia Romagna è famosa per Parmigiano Reggiano ed aceto balsamico tradizionale mentre la Lombardia offre eccellenze casearie come il Grana Padano.
Oltre alle produzioni forti queste regioni dispongono anche di attrattività turistiche già note al pubblico nazionale ed internazionale grazie alla ricchezza artistica o paesaggistica delle loro città d’arte o campagne famose nel mondo. I consorzi qui sono strutturati da tempo: hanno capacità gestionali efficaci in grado non solo proteggere i marchi ma aggregare gli attori locali intorno a progetti condivisi capaci di generare sinergie concrete sul territorio.
Criticità nelle regioni del sud italia sul fronte turismo dop
Diverso invece lo scenario al Sud dove pure esistono molte produzioni tipiche famose come mozzarella campana o olio extravergine pugliese ma manca ancora una rete stabile organizzativa simile alle realtà settentrionali sopra descritte. Secondo Mauro Rosati direttore della Fondazione Qualivita questo gap deriva dal numero limitato dei consorzi pienamente operativi nei territori meridionali.
La carenza strutturale impedisce quindi un’effettiva valorizzazione integrata fra prodotto certificato e offerta turistica capace d’attirare flussi qualificati. Anche se alcune zone vantano appeal turistico naturale o culturale elevato, senza una governance forte non riescono ad intercettare appieno l’interesse crescente verso esperienze enogastronomiche certificate.
Una sfida per il sud italia collegare turismo e dop
Questa situazione richiede riflessioni approfondite sulle strategie future affinché anche le realtà meridionali possano svilupparsi sfruttando meglio risorse locali riconosciute dalla legge attraverso Indicazioni Geografiche Protette. Solo così sarà possibile evitare uno squilibrio territoriale marcato nella crescita complessiva dell’Italia legata all’agroalimentare tipico certificato abbinandolo ad un’offerta turistica concreta, sostenibile, radicata nei territori stessi.
La sfida rimane aperta soprattutto nel creare reti collaborative più solide tra imprese agricole, enti pubblici locali, operatori turistici capaci davvero d’attivare progetti condivisi volti all’accoglienza genuina basata su qualità documentabile.