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Trovato morto fabio trevisan, alpinista disperso sul gran zebrù dopo valanga

Un alpinista di 28 anni, Fabio Trevisan, è stato trovato senza vita dopo essere stato travolto da una valanga sul Gran Zebrù durante un’escursione. Le operazioni di soccorso hanno affrontato notevoli difficoltà.

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L’alpinista Fabio Trevisan, 28 anni di Laives, è morto travolto da una valanga sul Gran Zebrù durante un’escursione. Le complesse ricerche hanno coinvolto soccorso alpino, Guardia di finanza e unità cinofile. L’incidente evidenzia i gravi rischi dell’alpinismo in condizioni invernali. - Unita.tv

L’alpinista altoatesino fabio trevisan, 28 anni di Laives, è stato ritrovato senza vita dopo essere stato travolto da una valanga sul Gran Zebrù. La tragedia è avvenuta durante un’escursione in montagna, quando il giovane è stato trascinato per circa 300 metri lungo un canalone. Le operazioni di ricerca si sono svolte tra difficoltà dovute al rischio valanghe e hanno coinvolto diversi corpi specializzati nella zona.

La dinamica dell’incidente sul gran zebrù

I fatti risalgono alla mattina del 24 aprile 2025, quando fabio trevisan insieme a un compagno si erano messi in cammino per la salita di un canalone sul versante del gran zebrù. Mentre procedevano, una valanga si è staccata improvvisamente, travolgendo trevisan e trascinandolo per circa 300 metri. Il compagno, pur essendo vicino, è riuscito a evitare il contatto diretto con la massa di neve e ghiaccio e non ha riportato ferite.

I pericoli tipici di quella zona e periodo, con alto rischio valanghe, hanno reso molto complesso intervenire subito. Le condizioni meteorologiche e il rischio di ulteriori distacchi nevosi hanno limitato l’intervento diretto sul terreno, indirizzando le prime ricerche soprattutto a operazioni di sorveglianza dall’alto tramite elicottero.

Nel pomeriggio del 23 aprile, durante i controlli dall’aria, il casco di fabio trevisan è stato individuato in prossimità dell’area dell’incidente, confermando la presenza del giovane disperso sotto la neve in quella zona.

L’intervento dei soccorsi e la fase di ricerca

La ripresa delle ricerche è avvenuta la mattina seguente, con un lavoro coordinato fra elicotteri della Guardia di finanza e squadre specializzate del soccorso alpino di Silandro. A supportare le operazioni si sono aggiunte le unità cinofile formate per la ricerca in condizioni di montagna difficili, provenienti dalle basi di Brunico e Passo Rolle.

Le unità hanno perlustrato la zona più volte, affrontando il terreno scosceso e instabile, ma riuscendo a localizzare la salma di fabio trevisan che si trovava sotto uno strato di neve. Una volta individuato il corpo, gli uomini del soccorso alpino lo hanno recuperato per le operazioni successive.

Le condizioni difficili, il clima e il pericolo di ulteriore distacco nevoso hanno richiesto grande cautela nello svolgimento delle procedure di soccorso e recupero.

Rischi e risposte del territorio

La morte di fabio trevisan ricorda quanto l’alpinismo in alta quota comporti rischi seri, soprattutto in condizioni invernali o primaverili quando il rischio valanghe aumenta. L’intervento tempestivo delle forze di soccorso ricorda l’importanza dell’attività di monitoraggio coordinata fra diversi enti.

In particolare la presenza di Guardia di finanza, soccorso alpino e unità cinofile dimostra la capacità di operare in condizioni estreme, ma anche le difficoltà oggettive di muoversi in territori impervi. L’accaduto sollecita ancora una volta un’attenta valutazione delle condizioni meteorologiche e ambientali prima di intraprendere salite impegnative.

In Veneto e Alto Adige sono frequenti incidenti simili durante la stagione invernale e primaverile. Gli esperti consigliano un monitoraggio costante dei bollettini neve e piste e un addestramento mirato ai rischi valanghe, oltre all’uso di attrezzature di sicurezza come dispositivi Arva e sonde.

Fabio trevisan lascia un vuoto in chi conosceva la passione per la montagna e conferma, purtroppo, i pericoli che si incontrano praticando l’alpinismo in condizioni difficili. “La montagna non perdona errori e impreparazione,” è stato spesso ricordato durante le operazioni.