Tribunale di roma condanna adriano panzironi per esercizio abusivo della professione medica a 2 anni e 8 mesi
Adriano Panzironi e il fratello Roberto sono stati condannati per esercizio abusivo della professione medica, con pene di 2 anni e 8 mesi e 1 anno e 4 mesi rispettivamente.

Adriano Panzironi è stato condannato dal tribunale di Roma a 2 anni e 8 mesi per esercizio abusivo della professione medica, insieme al fratello Roberto, per aver diffuso consigli nutrizionali e integratori non autorizzati tramite media e social. - Unita.tv
Adriano Panzironi, noto per i suoi programmi e libri legati alle diete, è stato condannato dal tribunale monocratico di Roma per esercizio abusivo della professione medica. Anche il fratello Roberto ha ricevuto una condanna per concorso nel reato. La sentenza conferma le accuse mosse dalla Procura capitolina, che hanno messo sotto accusa l’attività di Panzironi rivolgendosi a un vasto pubblico tramite media e canali social.
Cosa prevede la condanna e la posizione della procura
Il giudice ha stabilito una pena di 2 anni e 8 mesi di reclusione per Adriano Panzironi. Il fratello Roberto è stato condannato a un anno e 4 mesi per concorso nel reato. La corte ha accolto le richieste formulate dalla Procura di Roma, che aveva contestato un’attività svolta senza le necessarie autorizzazioni professionali. Il processo si è svolto davanti al tribunale monocratico, che ha giudicato con puntualità i fatti esposti dall’accusa.
L’accusa principale riguarda la somministrazione di consigli nutrizionali, metodologie dietetiche e prescrizione di integratori alimentari senza alcuna autorizzazione medica né controllo scientifico. Panzironi si rivolgeva a una “platea numerosa di ascoltatori”, principalmente attraverso trasmissioni televisive e interazioni via Facebook. Questi contatti venivano anche gestiti tramite operatori di call center, per personalizzare indicazioni dietetiche ritenute illegittime.
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Rischi per la salute derivanti dall’attività di panzironi
Secondo il capo di imputazione, Panzironi proponeva ai suoi follower di adottare programmi alimentari e metodologie di nutrizione che rientrano nel campo delle diete mediche, non autorizzate da un professionista iscritto all’albo. Le indicazioni, spesso personalizzate, non erano basate su protocolli medici validati e prevedevano la prescrizione di integratori alimentari prodotti e venduti direttamente da lui attraverso canali online.
Questi integratori sono stati definiti di “potenziale nocività” se assunti senza un controllo medico, un elemento che ha contribuito al giudizio del tribunale. L’attività di Panzironi è stata diffusa anche attraverso il libro “Vivere 120 anni”, che fungeva da strumento per promuovere queste pratiche alimentari non controllate e potenzialmente pericolose per la salute di chi si affidava a questi consigli.
La posizione degli ordini professionali e le parti civili
Durante il processo si sono costituiti parte civile diversi ordini professionali. In particolare, gli ordini provinciali dei medici di Roma, Venezia, Napoli e Milano hanno partecipato per tutelare la professionalità medica e il rispetto delle regole sul corretto esercizio della professione. Anche l’ordine dei giornalisti del Lazio si è costituito parte lesa, probabilmente a causa dell’impatto mediatico e dell’uso dei canali informativi nella diffusione delle accuse o delle notizie collegate.
Questi interventi sottolineano l’importanza attribuita al caso dalle rappresentanze istituzionali e professionali coinvolte nell’affermazione delle regole che dovrebbero regolare discipline complesse come la nutrizione e la medicina. Ribadiscono la necessità che chi si propone come esperto rispetti le normative e i limiti legali per evitare danni ai cittadini.
Sentenza e monito sull’abuso della professione medica
La sentenza di Roma ribadisce un punto fermo della giurisprudenza sul tema dell’abuso professionale e sull’uso responsabile delle piattaforme mediali nell’ambito sanitario, segnando un monito per chi diffonde consigli medici senza titoli o autorizzazioni.