Home Traversata Capraia-Gorgona con detenuti e atlete olimpiche: sport, legalità e inclusione in mare aperto

Traversata Capraia-Gorgona con detenuti e atlete olimpiche: sport, legalità e inclusione in mare aperto

Una staffetta di nuoto di 43 chilometri tra Capraia e Gorgona ha unito atlete olimpiche e detenuti, promuovendo sport e valori civili in un evento simbolico di inclusione sociale.

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Una staffetta a nuoto di 43 km tra Capraia e Gorgona ha coinvolto atlete olimpiche e detenuti, unendo sport e inclusione sociale in un evento simbolico di legalità e reinserimento. - Unita.tv

Una staffetta a nuoto di 43 chilometri tra Capraia e Gorgona ha unito atlete olimpiche e detenuti dell’isola carcere in un’iniziativa che lega sport e valori civili. L’evento, organizzato dalla Lega navale italiana della delegazione di Capraia in collaborazione con la casa circondariale di Livorno, ha puntato a costruire un ponte tra persone con esperienze molto diverse, grazie a una prova fisica impegnativa nel cuore del Tirreno.

La partenza e il percorso della traversata a nuoto

La competizione è iniziata alle 5:30 del mattino dal porto di Capraia. I 18 partecipanti si sono alternati in mare per coprire una distanza di 23 miglia nautiche, equivalenti a circa 43 chilometri, raggiungendo l’isola di Gorgona dopo 15 ore di nuoto ininterrotto. Tra i nuotatori figuravano le atlete olimpiche Charlotte Bonin ed Elena Petrini, entrambe delle Fiamme azzurre, e Sabrina Peron, conosciuta come maratoneta del mare. I cambi avvenivano ogni mezz’ora, garantendo così un ritmo costante e la possibilità di mantenere l’energia fino alla fine della prova.

Le condizioni meteorologiche sono state favorevoli per tutta la durata della traversata e le acque calme hanno permesso un passaggio fluido, limitando rischi e imprevisti. Questi fattori hanno contribuito ad assicurare il successo dell’evento e la sicurezza di tutti i partecipanti, che si sono potuti concentrare sul superamento di una sfida fisica e simbolica, rappresentativa di un’inclusione che va oltre il semplice gesto sportivo.

Il ruolo dei detenuti e il supporto in mare

La novità più significativa di questa edizione è stata la presenza attiva dei detenuti dell’isola carcere di Gorgona. Questi hanno assistito la staffetta, conducendo i kayak che hanno guidato i nuotatori lungo il percorso marino. È la prima volta che ai detenuti è stato affidato questo compito simbolico e operativo: hanno indicato la rotta e si sono occupati della sicurezza dei nuotatori in acqua. Quella giornata ha preso così un significato doppio, con i detenuti che, oltre a integrare la prova sportiva, hanno assunto il ruolo di custodi del tragitto, con un segno di fiducia e responsabilità importante nelle dinamiche di reinserimento sociale.

Alla guida delle imbarcazioni di supporto c’erano anche la motovedetta della polizia penitenziaria, con a bordo il direttore del carcere e il presidente del tribunale di sorveglianza. Tra i mezzi di sostegno spiccava la “Eros”, un’imbarcazione confiscata alla criminalità organizzata e ora simbolo della legalità. La barca rappresenta non solo un mezzo concreto durante la traversata, ma un emblema della rinascita dati i suoi legami con la lotta contro le mafie.

L’arrivo a gorgona e le celebrazioni finali

Il gruppo è giunto sull’isola di Gorgona in serata, quando ormai la luce naturale era quasi scomparsa, accolto da un piccolo ma caloroso pubblico formato da abitanti dell’isola, operatori e volontari. Lo sbarco ha chiuso una giornata intensa e faticosa, contraddistinta da un clima di collaborazione fra le persone coinvolte e da un sentimento collettivo di partecipazione.

A conclusione dell’evento è stata servita la cosiddetta “torta della legalità”, un momento simbolico che ha rappresentato l’impegno nei confronti dei valori civili e del rispetto delle regole. Non sono mancati gli attestati riconosciuti a tutti i presenti, con l’intento di valorizzare la responsabilità personale e il senso di appartenenza a un percorso che coinvolge sport e inclusione sociale.

Questa traversata ha confermato un modello di attività che si spinge oltre la dimensione agonistica, proponendo un progetto di riscatto attraverso il confronto, il lavoro collettivo e lo sport come strumento di crescita per chi è sottoposto a limitazioni. Restano solide le basi per future iniziative simili, con un occhio costante sulla condivisione e sulle opportunità di cambiamento offerte anche in contesti difficili.