La ricerca condotta su diverse aree protette della Toscana ha messo a fuoco i fattori ambientali che determinano l’intensità con cui i cinghiali rivoltano il terreno, un comportamento noto come “grufolamento“. Questo fenomeno, legato alla ricerca di cibo sotto terra, può avere effetti significativi sugli habitat naturali. La ricerca punta a fornire strumenti utili per una gestione più mirata e precisa delle zone frequentate da questi animali.
Come l’eterogeneità ambientale incide sul grufolamento dei cinghiali
Il cosiddetto grufolamento, ossia il rivoltamento della terra per cercare radici e insetti, si riduce in ambienti che offrono una maggiore varietà di risorse alimentari. Le aree ad alta eterogeneità ambientale mettono a disposizione più cibo sopra il terreno, riducendo così la necessità per il cinghiale di scavare. Questo fenomeno è importante perché, dove questi animali diventano numerosi e la ricerca sotto terra più intensa, possono sorgere problemi di conservazione.
In spazi ricchi di specie vegetali e animali, il cinghiale trova facilmente nutrimento senza danneggiare eccessivamente il suolo. Al contrario, in ambienti più omogenei e poveri di risorse, il loro grufolamento cresce, aumentando la probabilità di compromettere habitat delicati o la sopravvivenza specie protette. Questa dinamica aiuta a spiegare la distribuzione del disturbo nei parchi naturali e suggerisce un legame diretto tra biodiversità e impatto degli animali sul terreno.
L’effetto del terreno e delle infrastrutture forestali sul comportamento scavatori
La struttura fisica del territorio limita o favorisce il rivoltamento del suolo da parte dei cinghiali. Pendenze troppo ripide e terreni rocciosi riducono la possibilità di scavare, perché rendono meno accessibile il sottosuolo e aumentano la fatica degli animali. Ne deriva un minor indice di grufolamento in location montuose o particolarmente accidentate.
Al contrario, la presenza di strade forestali sembra agevolare lo spostamento del cinghiale tra diverse zone di ricerca, con un aumento conseguente nella frequenza di rivoltamento del suolo. Queste vie facilitano mobilità ma anche l’accesso a più aree potenzialmente vulnerabili, spostando l’impatto ambientale su territori più estesi. Lo studio identifica quindi la rete di accessi come un elemento da considerare per la gestione del fenomeno.
Mappare il grufolamento per migliorare la gestione delle aree protette
Attraverso un metodo statistico approfondito, gli studiosi dell’Università di Siena hanno prodotto mappe dettagliate che mostrano l’intensità del grufolamento nelle riserve toscane prese in esame. Questi strumenti permettono di individuare con precisione i punti dove il disturbo al terreno potrebbe superare livelli critici, focalizzando l’attenzione degli enti gestori su zone a rischio più elevato.
Le informazioni raccolte aprono la strada a interventi mirati, come strategie che limitino le popolazioni di cinghiali attraverso controlli diretti o che promuovano la varietà ambientale, riducendo la necessità del loro scavare. Inoltre, il modello utilizzato si adatta a contesti simili, potendo diventare una risorsa per altre aree protette a livello nazionale e internazionale, dove la pressione dei cinghiali sulle comunità naturali rappresenta un problema.
Implicazioni ecologiche e necessari interventi sul territorio
Il grufolamento dei cinghiali non è un semplice comportamento naturale: può compromettere habitat fragili e mettere in pericolo specie rare. La ricerca evidenzia che questo effetto si intensifica in presenza di popolazioni dense. Controllare il numero di animali diventa dunque cruciale per limitare i danni.
La presenza di elevata biodiversità riduce la necessità di grufolare, suggerendo che politiche di tutela ambientale mirate a favorire una ricca varietà di specie possono agire anche come strumenti indiretti di regolazione del comportamento dei cinghiali. L’approccio individuato dagli studiosi toscani si propone di offrire ai gestori delle aree protette un quadro scientifico per prendere decisioni concrete riguardo alla prevenzione e alla protezione degli habitat più vulnerabili.
Questo lavoro rafforza la collaborazione tra enti di ricerca e realtà locali, puntando a mantenere l’equilibrio tra la fauna selvatica e il paesaggio naturale anche in contesti di secondo piano, con particolare attenzione alle trasformazioni in atto nei sistemi ambientali regionali.
Ultimo aggiornamento il 1 Agosto 2025 da Luca Moretti