Roma si trova davanti a una sfida complessa per il suo futuro urbanistico. Stefano Boeri, architetto milanese incaricato dal Campidoglio di guidare il progetto «Laboratorio Roma 050», ha tracciato alcune linee guida per ripensare la città. Tra le idee più rilevanti spiccano il ruolo dell’acqua come via d’accesso dalla costa di Ostia, la valorizzazione dei siti archeologici meno conosciuti e l’importanza di superare i limiti imposti dal Raccordo anulare. Con oltre 600mila abitanti che vivono fuori da questo confine stradale, Boeri sottolinea la necessità di una visione che vada oltre i singoli interventi puntuali.
La città arcipelago: riconoscere e valorizzare le microcomunità romane
Il concetto di “città arcipelago” nasce dall’osservazione della struttura urbana romana come un insieme di centinaia di nuclei abitativi distinti, ognuno con una propria identità ben definita. Nel corso degli ultimi diciotto mesi sono stati censiti 252 quartieri o “microcittà”, come Centocelle, Boccea o Serpentara. Questi luoghi rappresentano comunità con caratteristiche sociali e culturali precise che spesso vengono trascurate nelle politiche urbane generali.
Questa frammentazione offre però anche un’opportunità unica per rilanciare Roma attraverso strategie mirate su scala locale. L’identificazione precisa delle microcomunità permette infatti interventi più efficaci nella gestione dei servizi pubblici, nel miglioramento della mobilità interna e nella tutela del patrimonio storico-culturale specifico ad ogni area.
Mappa urbana e diversità dei quartieri
La mappa urbana così disegnata mette in luce zone molto diverse tra loro: dai quartieri storici come Parioli ai più popolari come Quarticciolo o Tufello. Ognuno contribuisce al mosaico complessivo della Capitale ma richiede approcci differenti per rispondere alle esigenze reali dei residenti.
Tre direttrici fondamentali: acqua, archeologia e superamento del raccordo anulare
Per affrontare problemi antichi legati alla congestione del traffico e alla pressione turistica sul centro storico Boeri individua tre leve principali da sviluppare in parallelo. La prima è l’acqua: pensata non solo come elemento paesaggistico ma anche funzionale a creare nuovi accessi alla città tramite il porto naturale di Ostia. Questa idea punta a favorire collegamenti alternativi rispetto alle tradizionali vie stradali congestionate.
La seconda direttrice riguarda l’archeologia romana intesa nel suo senso più ampio: non solo i grandi monumenti classici ma anche quei siti meno noti o nascosti che potrebbero essere messi in rete creando percorsi culturali diffusi lontani dal sovraffollamento turistico concentrato sui Fori Imperialii.
Infine c’è il nodo cruciale rappresentato dal Raccordo anulare . Secondo Boeri va ripensato profondamente perché oggi costituisce una barriera fisica ed economica fra dentro e fuori la città vera provocando isolamento delle aree periferiche con conseguenze negative sulla mobilità quotidiana degli abitanti.
L’obiettivo è integrare meglio le arterie consolari storiche con questa circonvallazione moderna superandone gli effetti divisivi attraverso nuove infrastrutture capaci di collegamenti fluidi tra centro urbano ed esterni senza ricorrere esclusivamente all’automobile privata.
L’acqua come nuova via d’accesso
“L’acqua non è solo decorazione, ma una via concreta per collegare Roma al mare e ridurre la pressione sul traffico tradizionale”, sottolinea Boeri.
Affrontare le difficoltà attuali progettando uno sviluppo sostenibile
Roma si presenta oggi come una metropoli difficile da attraversare, sia fisicamente sia sotto il profilo sociale ed economico. Il presente mostra limiti evidenti soprattutto nelle infrastrutture obsolete, nei problemi ambientali crescenti e nell’aumento costante della popolazione residente oltre i confini tradizionali. Il lavoro svolto finora ha raccolto numerosi progetti sparsi fra investimenti legati al Giubileo, cantieri finanziati dal Pnrr, iniziative pubbliche private.
Nonostante ciò manca ancora un coordinamento centrale capace d’indirizzare tutte queste energie verso obiettivi comuni chiari. Stefano Boeri segnala proprio questa assenza definendola mancanza di “cabina di regia”, cioè quella capacità decisionale unica necessaria per armonizzare gli interventi evitando sprechi o sovrapposizioni inutili.
In questo quadro diventa urgente costruire modelli operativi concreti dove ogni azione rispetti criteri realistici tenendo conto delle specifiche condizioni territoriali e sociali della Capitale. Solo così sarà possibile dare respiro duraturo allo sviluppo urbano senza perdere pezzi importanti lungo strada.
Decentramento contro turismo massificato: nuove funzioni per vecchie aree centrali
Un punto chiave indicato riguarda lo spostamento progressivo dell’attività amministrativa statale e terziaria fuori dalle zone centrali congestionate e troppo dipendenti dall’afflusso turistico low cost. Questo permetterebbe innanzitutto di alleggerire pressioni insostenibili sul cuore antico restituendo spazio vitale ai residenti, soprattutto giovani famiglie bisognose di case accessibili. Inoltre potrebbe ridisegnarsi un sistema direzionale orientale dove concentrare uffici ministeriali: ad esempio già programmata la trasferimento del Ministero dell’ambiente all’Eur dimostra concretamente questa strategia operativa.
Lo scopo finale sarebbe quello di distribuire meglio flussi lavorativi, turistici e residenziali in modo equilibrato, contribuendo ad evitare fenomeni di gentrificazione incontrollata a vantaggio di realtà periferiche spesso abbandonate. Così facendo Roma potrebbe ritrovare l’equilibrio perduto tra funzione storica capitale politica ed esigenze moderne cittadini comuni.
Decentramento e sostenibilità sociale
“Ridurre la pressione sul centro storico è essenziale per garantire qualità della vita e inclusione sociale”, afferma Boeri.
Differenze strutturali rispetto a milano impediscono semplicistiche importazioni modelli urbani
Stefano Boeri riflette infine sulle differenze profonde esistenti fra Roma e Milano. Seppur ambedue grandi metropoli italiane e europee hanno caratteristiche territoriali, sociali ed economiche molto divergenti. La morfologia collinare e di corsi d’acqua interna rendono Roma una realtà urbana più frammentata rispetto allo schema compatto milanese. La storia millenaria lascia segni tangibili nella distribuzione edilizia e patrimoniale mentre Milano appare più uniforme cronologicamente. Ecco perché replicare il modello meneghino qui sarebbe impossibile senza adattamenti specifici in base alle peculiarità locali. Questa consapevolezza indica quanto serva progettualità calibrate e radicate sul contesto reale anziché soluzioni preconfezionate e standardizzate applicate indiscriminatamente.