Un giovane detenuto di 22 anni, extracomunitario, si è tolto la vita lunedì mattina nel carcere milanese di san vittore. Nonostante il tempestivo intervento degli operatori penitenziari e il trasferimento in ospedale in condizioni gravissime, il ragazzo è deceduto ieri sera. Questo episodio segna il trentaseiesimo suicidio tra i reclusi dall’inizio dell’anno e si aggiunge a due casi simili che hanno coinvolto agenti della polizia penitenziaria. La situazione nelle carceri italiane continua a mostrare segnali preoccupanti sia per i detenuti sia per chi lavora all’interno delle strutture.
La drammatica escalation dei suicidi nelle carceri italiane
Il recente caso di san vittore rappresenta un capitolo doloroso nella lunga serie di suicidi che colpiscono le prigioni italiane da mesi. I dati indicano infatti 36 casi tra i detenuti dall’inizio del 2025, un numero che testimonia una crisi profonda all’interno degli istituti penitenziari. A questi vanno aggiunti due operatori della polizia penitenziaria che hanno perso la vita in circostanze analoghe.
La sofferenza che coinvolge tutto il sistema
Questi eventi mostrano come non esista una correlazione diretta con il tipo di reato commesso o con altre variabili personali: la sofferenza sembra investire indistintamente tutte le persone coinvolte nel sistema carcerario, inclusi coloro che dovrebbero garantire sicurezza e ordine all’interno delle strutture.
Il fenomeno assume quindi i contorni di una vera emergenza sociale oltreché istituzionale. Le modalità con cui avvengono queste tragedie rivelano condizioni spesso degradanti dentro le celle e negli spazi comuni delle prigioni italiane. Il disagio psicologico dei detenuti si somma alla mancanza di adeguati supporti sanitari e psicologici.
Sovraffollamento cronico: oltre 16mila detenuti sopra la capienza massima
Uno dei fattori principali dietro questa situazione critica è l’enorme sovraffollamento presente nelle carceri nazionali. Attualmente ci sono circa 16mila persone recluse oltre la capienza consentita dagli standard previsti dalla legge italiana ed europea.
Questo sovraccarico influisce pesantemente sulla qualità della vita dentro gli istituti: gli spazi ridotti generano tensione continua tra i reclusi; inoltre rende difficile offrire servizi essenziali come assistenza medica o attività ricreative utili al reinserimento sociale.
Le condizioni igieniche spesso risultano precarie; inoltre l’affollamento impedisce agli agenti penitenziari un controllo efficace senza ricorrere a misure coercitive più dure, aumentando così rischiosi episodi violenti o situazioni fuori controllo.
Pressione sul sistema e risorse umane scarse
La pressione sul sistema deriva anche dalla scarsità delle risorse umane dedicate alla gestione quotidiana delle strutture detentive: questo rende complicata ogni forma d’intervento mirato al miglioramento dello stato psichico dei detenuti o al contenimento del disagio latente nei reparti.
Carenza cronica del personale della polizia penitenziaria
A peggiorare lo scenario contribuisce fortemente l’insufficienza numerica degli agenti impiegati nelle prigioni italiane. Mancano almeno 18mila unità rispetto alle necessità stimate per garantire sicurezza e assistenza ai reclusi secondo standard accettabili.
Questa riduzione deriva da trasferimenti frequenti verso uffici ministeriali o incarichi esterni alle sedi detentive senza criterî precisi né compensazioni adeguate nel numero complessivo del personale operativo in carcere.
Gli agenti rimasti affrontano turnazioni pesanti sotto stress continuo; lavorare in ambienti dove regnano tensione costante provoca logoramento fisico e mentale molto rapido anche nei più esperti professionisti della sicurezza pubblica interna alle prigioni.
Rischi e conseguenze per la sicurezza
Le difficoltà operative aumentano così pure le probabilità d’incidenti gravi come aggressioni interne oppure episodi tragici quali suicidi fra colleghi o reclusì. Questi ultimi sono considerati “pena capitale de facto” perché riflettono uno stato emergenziale mai risolto ma tollerato da troppo tempo dalle autorità competenti senza intervento concreto sul campo.
Appello urgente per interventi immediati sulle condizioni detentive
Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, ha evidenziato pubblicamente lo stato esplosivo che vive oggi il sistema carcere italiano. Ha sottolineato come siano indispensabili misure rapide per evitare ulteriormente degenerazione.
Secondo De Fazio bisogna intervenire su più frontì: ridurre drasticamente il sovraffollamento attraverso politiche alternative alla detenzione quando possibile; potenziare sensibilmente organici degli agentì destinandoli esclusivamente ai servizi interni; migliorare sostegno psicologico rivolto sia ai detenutì sia agli operatorî.
L’assenza prolungata d’interventì concreti rischia infatti d’alimentare cicli violenti difficili poi da spezzare. Una presa d’atto seria deve partire dal riconoscimento pubblico dell’allarme sociale scaturito dai numerosi decessí causati dal malessere diffuso dietro le sbarre.
In effetti oggi quella italiana resta una condizione critica dove diritti fondamentali vengono calpestati quotidianamente tanto dai soprusi quanto dalla semplice trascuratezza sistematica. Riformatori ed enti preposti devono considerare questa realtà se vogliono evitare nuovi drammi futuri dentro gli istitutì italiani piu importanti quali quello milanese San Vittore.