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Strage di ustica, 45 anni senza colpevoli: dal dc9 all’ipotesi missile tra indagini e depistaggi

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La notte del 27 giugno 1980 un Dc9 dell’Itavia decolla da Bologna verso Palermo con 81 persone a bordo. Poco dopo, l’aereo esplode nei cieli di Ustica. Da allora si cerca ancora chi abbia causato quella tragedia, ma i responsabili non sono mai stati individuati con certezza. Tra ipotesi contrastanti e inchieste complesse, la vicenda resta uno dei misteri più intricati della storia italiana recente.

Le prime ipotesi sull’esplosione del dc9

All’inizio si pensa a un cedimento strutturale come causa dell’incidente. I tecnici esaminano i resti del Dc9 ma emergono dubbi perché alcuni elementi non tornano con questa spiegazione. Alcuni esperti avanzano l’ipotesi che l’aereo sia stato colpito da una bomba o addirittura da un missile.

Nel luglio 1980 viene ritrovato sui monti della Sila il relitto di un Mig 23 libico dismesso da tempo, alimentando sospetti su possibili coinvolgimenti militari stranieri nella tragedia. Questa scoperta apre scenari nuovi sulla dinamica dell’incidente e sulla presenza di velivoli militari nei cieli italiani quella sera.

Nel dettaglio le indagini e le perizie sul caso ustica

Nel 1982 una commissione ministeriale scarta ufficialmente la pista del cedimento strutturale e punta sull’esplosione interna o esterna all’aereo provocata da ordigni esplosivi o missili. Due anni dopo il giudice istruttore Vittorio Bucarelli ordina una nuova perizia affidata a una commissione tecnica che recupera parte dei rottami.

Nel ’89 la commissione inizialmente sostiene la tesi del missile ma poi due membri cambiano idea parlando invece di bomba interna all’aeromobile. In quel periodo Bucarelli viene accusato dall’ex ministro Amato di aver mentito sulle indagini; poco dopo si dimette lasciando spazio al magistrato Rosario Priore.

Priore eredita un fascicolo complesso dove nel ’92 vengono incriminati circa settanta ufficiali dell’Aeronautica militare per depistaggi, distruzione delle prove e falso in atto pubblico legati alle fasi investigative iniziali.

Il dossier priore e le accuse ai vertici militari

Nel ’97 arriva sul tavolo di Priore un dossier con diciassette anni d’indagini accumulate fino a quel momento. Il quadro dipinto è quello di uno scenario notturno simile a una zona di guerra: il Dc9 vola circondato da altri velivoli che avevano spento i transponder per non farsi identificare dalle autorità italiane.

Priore dispone nove rinvii a giudizio tra cui quattro generali accusati in primo grado d’attentato agli organi costituzionali aggravato dall’alto tradimento; cinque altri imputati devono rispondere invece di falsa testimonianza durante il processo.

Negli anni successivi però molte accuse vengono ridimensionate o cadono completamente: nel 2004 alcune imputazioni vengono derubricate mentre nel giro d’un anno arrivano assoluzioni per gli alti ufficiali coinvolti nelle presunte coperture ai fatti realizzati negli ambienti militari italiani.

Gli sviluppi giudiziari fino alla cassazione definitiva

Il processo prosegue fino al 2007 quando la Corte Suprema conferma l’assoluzione degli imputati più importanti chiudendo definitivamente quella fase penale senza condanne significative contro i presunti responsabili diretti della strage.

Nonostante ciò nuove indagini ripartono nel decennio successivo grazie anche alle rogatorie internazionali inviate negli Stati Uniti, Francia Belgio e Germania dal ministero della giustizia su richiesta della procura romana che riapre il caso tentando nuove piste investigative basate anche su testimonianze raccolte all’estero ed elementi tecnici aggiornati rispetto agli anni precedenti,

La sentenza civile conferma responsabilità dello stato italiano sul disastro

Nel marzo del 2013 arriva dalla Cassazione una sentenza importante sotto profilo civile: respinge infatti ricorsi presentati dai ministero difesa infrastrutture riconoscendo indirettamente che dietro lo schiantò ci fu almeno un missile sparato nei cieli di ustica quella sera; inoltre disponeva risarcimenti economici alle famiglie delle vittime come già deciso dal tribunale Palermo qualche anno prima,

La recente richiesta d’archiviazione lascia aperta ancora la strada alla verità

A marzo scorso però è stata presentata dalla procura romana richiesta formale al gip per archiviare l’ultima inchiesta aperta sulla strage dopo aver constatato limiti nell’identificazione precisa dei caccia presenti nella zona quel tragico giorno. Le numerose rogatorie internazionali hanno avuto risposte limitate oppure incomplete secondo gli investigatori italiani, così come alcune testimonianze raccolte risultano insufficientemente chiare oppure contraddittorie.

Il giudice dovrà decidere entro novembre se accogliere questa richiesta oppure proseguire nelle ricerche, lasciando quindi aperta ancora oggi la speranza – pur fra tante difficoltà -di chiarire finalmente cosa accadde realmente nella notte fra Bologna e Palermo nel lontano giugno ‘80.

Written by
Matteo Bernardi

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