Questa sera, mercoledì 9 aprile 2025, il programma “Linea di Confine” andrà in onda alle 23.35 su Rai 2, offrendo uno sguardo approfondito su un periodo cruciale della storia italiana. La puntata si focalizzerà sulle ombre del terrorismo rosso, analizzando le scelte difficili delle istituzioni in un contesto di crisi. In particolare, verrà esaminato il caso di Aldo Moro e il ruolo controverso di Francesco Cossiga nella lotta contro le Brigate Rosse, un capitolo che ha segnato in modo indelebile il volto della Repubblica.
Francesco Cossiga e il contesto storico del terrorismo rosso
Francesco Cossiga assunse la carica di ministro dell’Interno nel 1976, un periodo caratterizzato da un’intensa attività terroristica da parte delle Brigate Rosse. Questo gruppo estremista stava raggiungendo il culmine della sua potenza, portando il Paese a vivere in un clima di paura e insicurezza. Gli attentati e gli omicidi politici si susseguivano, creando una situazione di emergenza che richiedeva una risposta ferma da parte dello Stato.
Cossiga, noto per la sua linea dura nei confronti delle proteste studentesche, si trovò a dover affrontare una sfida senza precedenti. La sua strategia era chiara: non cedere al terrorismo e non avviare trattative con i sequestratori. Questa posizione sarebbe stata messa alla prova due anni dopo, con il rapimento di Aldo Moro, un evento che avrebbe avuto ripercussioni storiche e politiche significative.
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Il rapimento di Aldo Moro e le scelte di Cossiga
Il 16 marzo 1978, le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana. Francesco Cossiga reagì prontamente, istituendo due comitati di crisi: uno ufficiale, composto da rappresentanti delle istituzioni, e uno ristretto, dove venivano prese decisioni operative. Tra i membri di quest’ultimo, vi erano figure controverse, inclusi esponenti legati alla loggia massonica P2, un aspetto che sollevò interrogativi sulla trasparenza delle operazioni.
Cossiga coinvolse anche Steve Pieczenik, un esperto americano di terrorismo, con l’intento di guadagnare tempo e cercare di localizzare i sequestratori. Tuttavia, la situazione si rivelò più complessa del previsto. Le Brigate Rosse inviarono comunicazioni in cui richiedevano la liberazione di prigionieri politici in cambio della vita di Moro. Nonostante le pressioni, Cossiga e il Governo Andreotti rifiutarono ogni forma di negoziazione, mantenendo una posizione di fermezza che, sebbene fosse presentata come una scelta di forza, nascondeva tensioni interne e preoccupazioni per possibili infiltrazioni nei comitati di crisi.
Le conseguenze del sequestro di Aldo Moro su Cossiga
Il 9 maggio 1978, il corpo di Aldo Moro fu trovato nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, a Roma. Questo evento rappresentò un colpo devastante per Francesco Cossiga, che, solo due giorni dopo, si dimise dalla carica di ministro dell’Interno, assumendosi la responsabilità politica per l’accaduto. La morte di Moro non segnò solo un fallimento politico, ma ebbe anche un impatto profondo sulla vita personale di Cossiga.
Negli anni successivi, il suo atteggiamento cambiò radicalmente. Da Presidente della Repubblica negli anni ’90, Cossiga iniziò a criticare apertamente i partiti e le istituzioni per la gestione dell’emergenza Moro. Questa inversione di rotta fu interpretata da alcuni come un tentativo di risarcimento morale, quasi che il “picconatore” volesse distaccarsi da un passato in cui aveva applicato una linea dura.
Un’eredità controversa: la lotta contro le Brigate Rosse
La lotta di Francesco Cossiga contro le Brigate Rosse rimane uno dei momenti più controversi della storia italiana. Da un lato, Cossiga è ricordato come uno dei pochi politici che affrontò il terrorismo con determinazione, dall’altro, il fallimento nel salvare Aldo Moro ha lasciato un’eredità di dubbi e interrogativi che persistono ancora oggi. L’esperienza del sequestro cambiò radicalmente Cossiga, trasformandolo da “ministro di ferro” a un personaggio sempre più disilluso e critico nei confronti del sistema che aveva servito.
Il suo percorso politico, segnato da scelte difficili e da un’evoluzione personale profonda, continua a suscitare discussioni e riflessioni su come affrontare il terrorismo e le sue conseguenze. La figura di Cossiga, quindi, rimane centrale per comprendere non solo il contesto storico del terrorismo rosso, ma anche le dinamiche politiche e sociali che hanno caratterizzato l’Italia di quegli anni.