In vista dello sciopero generale del 20 giugno, i sindacati di base, i giovani palestinesi e i lavoratori della scala aderenti alla cub informazione e spettacolo si preparano a manifestare in piazza a milano. La protesta punta a fermare il conflitto nella striscia di gaza e a denunciare il licenziamento di un lavoratore della scala che, ad aprile, aveva gridato “palestina libera” prima di un concerto. Alla base della mobilitazione anche richieste rivolte al governo italiano e alla dirigenza della fondazione scala.
La protesta contro la guerra nella striscia di gaza e i bombardamenti sui civili palestinesi
Il 20 giugno i sindacati di base insieme ai giovani palestinesi si ritroveranno in piazza scala a milano per chiedere l’interruzione immediata delle ostilità nella striscia di gaza. L’appello mira a fermare quanto definito un massacro di civili, provocato dai bombardamenti. L’iniziativa vuole mantenere alta l’attenzione sulle conseguenze umanitarie del conflitto, evidenziando la sofferenza della popolazione palestinese.
Responsabilità internazionali e ruolo dell’Italia
Durante la conferenza stampa tenuta in piazza scala, i promotori hanno sottolineato che dietro la guerra vi sono responsabilità precise anche sul piano internazionale. L’Italia gioca un ruolo diretto, avendo una collaborazione militare e di intelligence con israele. È imminente infatti il rinnovo di un accordo bilaterale che prevede forniture e cooperazione militare. I sindacati hanno indicato anche la presenza di aziende italiane come leonardo, attive nella produzione e collaudo dei caccia f35 usati in operazioni belliche sul territorio palestinese. La mobilitazione si pone quindi anche come critica politica di questo legame, chiesto di interrompere con urgenza.
Il caso del licenziamento alla scala: cosa è successo e le richieste dei lavoratori
Tra le rivendicazioni più sentite, i lavoratori della scala coinvolti nella protesta contestano il licenziamento della maschera che, il 4 aprile scorso, durante un concerto ha gridato “palestina libera”. Questo gesto è stato ritenuto da alcuni dirigenti un motivo sufficiente per interrompere il rapporto di lavoro. I sindacati di base e la cub informazione e spettacolo hanno denunciato la decisione definendola una censura della libertà di espressione sul luogo di lavoro.
Sollecitazioni alla fondazione scala
L’amministrazione della fondazione scala, guidata dal sindaco di milano Beppe Sala nella sua veste di presidente, viene sollecitata a prendere posizione in merito. Le organizzazioni sindacali hanno chiesto ufficialmente un incontro al sovrintendente Ortombina e al presidente del consiglio di amministrazione. L’obiettivo è discutere la possibilità di sospendere o rivedere il licenziamento, ritenuto ingiusto dalla parte sindacale.
Finora però non è arrivata alcuna risposta formale, una situazione descritta come un “muro di gomma”. Questa mancanza di interlocuzione alimenta il malcontento tra i lavoratori e rafforza l’appello a manifestare durante lo sciopero. Il caso rappresenta un nodo importante nello scontro tra la libertà di parola e i rapporti di lavoro, in un contesto già teso per via della crisi internazionale.
Le richieste dirette al governo italiano e la critica alla collaborazione militare con israele
La protesta del 20 giugno non si limita alle questioni interne o al conflitto sociale attorno alla scala, ma ha una forte componente politica nazionale. I sindacati di base e i gruppi palestinesi in italia chiedono al governo di cessare ogni rapporto di collaborazione nel campo militare e di intelligence con israele. L’accordo bilaterale, in via di rinnovo, rappresenta per loro una complicità nelle azioni militari contro i civili palestinesi.
Il ruolo delle aziende italiane
L’attenzione si concentra sul ruolo di aziende italiane come leonardo, specializzata nell’assemblaggio e collaudo dei caccia f35. Questi velivoli sono impiegati in operazioni militari che secondo le organizzazioni sindacali contribuiscono a provocare vittime tra la popolazione civile. Lo sciopero del 20 giugno vuole richiamare l’opinione pubblica su questo tema, portandolo anche all’interno del dibattito pubblico nazionale.
I promotori chiedono una presa di posizione netta da parte delle istituzioni, affinché si blocchi ogni forma di sostegno materiale che alimenta il conflitto. La mobilitazione nelle piazze rappresenta un tentativo di spingere per un cambio di rotta nella politica estera italiana, in un frangente delicato e denso di conseguenze umanitarie.