Un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Siracusa ha portato alla luce un sistema di frode fiscale organizzato intorno a una società fittizia operante nel settore agricolo. La ditta, priva di qualsiasi struttura, dipendenti e mezzi propri, è risultata coinvolta nell’emissione di fatture false per un valore di circa 1,5 milioni di euro. Questo meccanismo ha permesso di concentrare tutte le posizioni debitorie verso il fisco su una realtà inesistente.
Società senza attività reale, solo un indirizzo e una falsa organizzazione
La ditta in questione era formalmente registrata come azienda agricola ma non possedeva terreni né mezzi, e non svolgeva alcuna attività produttiva. L’unica sede legale era ubicata nell’abitazione di un cittadino romeno. Nonostante la mancanza di ogni fattore produttivo, risultavano formalmente assunti numerosi operai. In realtà questi lavoratori prestavano servizio direttamente per un agrumicoltore esterno, mentre la cosiddetta “cartiera” si limitava a fatturare fittiziamente la raccolta delle arance a quest’ultimo.
Questa operazione ha fatto carico alla società di una serie di costi inesistenti, che venivano poi riportati in fattura attraverso false prestazioni di servizi. La società non versava l’Iva reale, ma addebitava un’imposta del 22% sulle transazioni fittizie. La mancanza di una vera attività rendeva evidente il carattere fraudolento dell’organizzazione.
Il meccanismo di frode per evadere l’Iva e i contributi ai lavoratori
Attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, la società ha permesso che venisse sottratta al fisco una somma stimata in circa 300 mila euro di Iva indebitamente detratta. Si tratta di un’ingente cifra collegata al falso accredito dei costi sostenuti e alla conseguente riduzione del debito fiscale di soggetti terzi, tra cui l’agrumicoltore beneficiario dei lavori.
Le fatture false soddisfacevano il requisito formale, ma non corrispondevano a prestazioni effettivamente eseguite dalla società cartiera. Inoltre, i contributi previdenziali dovuti per i lavoratori formalmente assunti non sono mai stati versati, aumentando l’entità delle violazioni contestate.
Intervento dell’autorità giudiziaria e sequestri a tutela dell’erario
Su indicazione del tribunale, la Guardia di Finanza ha eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un importo pari al provento illecito stimato, cioè i circa 300 mila euro di Iva sottratta. L’azione mira a recuperare somme che derivano da attività penalmente rilevanti.
Sono indagate diverse persone ritenute responsabili, tra cui sia il reale amministratore della società cartiera sia il prestanome che figurava nelle carte ufficiali. A loro vengono contestate l’emissione e l’uso di fatture false, l’inosservanza degli obblighi fiscali e il mancato versamento dei contributi previdenziali per gli operai virtualmente inquadrati.
Questa vicenda dimostra come episodi di frode fiscale spesso nascano intorno a società di comodo, prive di reale sostanza economica, utilizzate per camuffare flussi di denaro e sottrarre risorse all’erario attraverso passaggi fittizi e artificiosi.
Ultimo aggiornamento il 7 Agosto 2025 da Matteo Bernardi