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Imprenditrice palermitana vittima di usura in una rete familiare e criminale tra termitani e napoletani

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Imprenditrice palermitana coinvolta in un giro di usura tra clan familiari. - Unita.tv
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Una donna imprenditrice di Termini Imerese è stata coinvolta in un caso di usura che ha coinvolto non solo criminali locali ma anche alcuni suoi parenti. L’inchiesta, iniziata nel 2022, ha fatto luce su un giro di prestiti a tassi usurari molto elevati, che hanno intrappolato la vittima in un ciclo di debiti senza fine.

Indagine dei carabinieri su una rete di usura tra palermitani e napoletani

I carabinieri del reparto territoriale di Termini Imerese, con la collaborazione delle stazioni di Brolo, Volla e Sant’Anastasia, hanno eseguito due ordinanze di misure cautelari emesse dal gip. L’operazione ha portato all’emissione di otto misure con obbligo di firma per persone residenti tra Termini Imerese, Brolo, Cercola e Sant’Anastasia.

Gli indagati, uomini tra i 27 e i 60 anni, sono accusati di usura, tentata estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’attività investigativa ha interessato il periodo da settembre 2022 fino ad agosto 2024. I carabinieri hanno scoperto un sistema di prestiti con interessi che oscillavano dal 60% fino a un impressionante 1.029% annuo, rivolto soprattutto all’imprenditrice di Termini Imerese.

Il gruppo di usurai non era formato solo da estranei, ma comprendeva anche parenti stretti della vittima, ad esempio uno zio e un cugino, dettaglio che ha rafforzato la portata emotiva e la pressione psicologica subita dalla donna.

Dinamiche del prestito usurario e coinvolgimento familiare

La vittima, per affrontare debiti già accumulati, aveva chiesto aiuto a vari soggetti, trovandosi però costretta a contrarre altri prestiti usurari. Quando non riusciva a pagare i debiti, si rivolgeva a nuovi usurai, intrappolandosi in un continuo e crescente debito.

Particolare rilievo assume il ruolo dello zio e del cugino che, approfittando delle difficoltà economiche della donna, le hanno prestato 10.000 euro. La somma le è stata presentata come proveniente da pericolosi usurai del Messinese, con l’obbligo di restituirla a tassi di interesse intorno al 60% annuo. In realtà a imporre queste condizioni erano proprio i due parenti.

Questo espediente ha dimostrato come l’usura possa anche nascondersi dietro facce conosciute e fidate, complicando ulteriormente la posizione della vittima, resa vulnerabile anche nel contesto familiare.

Minacce e pressioni di esponenti napoletani già noti alle forze dell’ordine

Tra gli otto indagati emergono due fratelli napoletani: uno si trova già in carcere per altri reati, mentre l’altro è libero. Secondo le indagini, il detenuto ha chiamato la vittima dal carcere per intimidire e costringerla a saldare un debito con un interesse usuraio del 73% all’anno. L’altro fratello ha minacciato di prendersi due auto di proprietà dell’imprenditrice.

Le minacce dimostrano la natura violenta e aggressiva della rete criminale, con strategie per mettere pressione alla donna e farla pagare rapidamente. Questa componente rende l’intera vicenda particolarmente grave anche sul piano della sicurezza personale della vittima.

Le misure cautelari adottate mirano a bloccare il sistema criminale, ma il caso evidenzia come l’usura riesca a infiltrarsi nei tessuti sociali più vicini alla vittima, compresi i rapporti familiari.

L’inchiesta prosegue per ricostruire l’intera rete e capire se ci siano ulteriori persone coinvolte. Nel frattempo si è posto un freno concreto a questa spirale di debiti e minacce.

Ultimo aggiornamento il 31 Luglio 2025 da Davide Galli

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Davide Galli

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