Un ragazzo di 22 anni, in carcere a Messina con l’accusa di aver ucciso una donna il 31 marzo scorso, è stato trovato morto nella sua cella. Si è tolto la vita, un gesto che ha acceso i riflettori sulle condizioni in cui si trovava nei giorni prima del dramma.
Stefano Argentino e i giorni prima del suicidio
Stefano Argentino, il 22enne accusato dell’omicidio di Sara Campanella, non era più in isolamento totale. Condivideva la cella con altri due detenuti. Prima era sotto stretta sorveglianza, una misura presa sia per la sua sicurezza sia per quella del personale in carcere. Ma negli ultimi giorni le restrizioni erano state allentate, concedendogli una situazione meno rigida.
Questo cambiamento si rifletteva anche nel suo modo di stare: dopo un periodo in cui rifiutava il cibo e mostrava segni evidenti di disagio psicologico, aveva ricominciato a mangiare. Quel ritorno all’alimentazione sembrava un segnale di miglioramento, o almeno di una certa stabilità.
Eppure, nonostante tutto, Stefano si è tolto la vita. La notizia ha colto di sorpresa sia gli agenti che gli altri detenuti con cui condivideva la cella. Non sono stati diffusi dettagli sulle modalità del suicidio né su eventuali segnali immediati che potessero far prevedere il gesto.
Il caso di Sara Campanella e il processo ancora aperto
Sara Campanella è stata uccisa il 31 marzo. Un fatto che ha scosso non solo Messina, ma anche l’opinione pubblica nazionale. Stefano Argentino era il principale sospettato. Dopo l’arresto, la situazione è stata molto tesa e le forze dell’ordine hanno agito rapidamente per portare il giovane in carcere.
Nei mesi seguenti, Stefano è stato seguito da vicino, sia dal punto di vista giudiziario che medico. Le misure restrittive a cui era sottoposto sono state decise anche in base alle valutazioni di medici e psicologi. Per questo, qualche tempo fa, è stato tolto il regime di alta sorveglianza e messo in cella con altri detenuti.
Il processo per la morte di Sara Campanella è ancora nella fase iniziale. Il suicidio di Stefano complica ulteriormente le indagini e la raccolta delle prove.
Reazioni in carcere e controlli rafforzati dopo il suicidio
Dopo il suicidio, il carcere di Messina ha avviato controlli interni per capire come sia potuto accadere un fatto simile in una struttura sotto stretta sorveglianza. Le ispezioni nelle celle sono diventate più frequenti e si stanno rivedendo le procedure adottate negli ultimi giorni per gestire il detenuto.
Agenti e personale sanitario stanno cercando di ricostruire gli ultimi momenti di Stefano, per capire se ci siano stati segnali di disagio non intercettati. Un suicidio in carcere è sempre un evento grave, che scuote l’equilibrio della struttura e spinge a rivedere le misure di sicurezza, soprattutto per chi è detenuto con accuse gravi e mostra fragilità emotive evidenti.
Il sistema penitenziario ora deve riflettere su come prevenire e vigilare meglio in questi casi. Nel frattempo si aspettano i risultati delle indagini interne e degli accertamenti medici per capire cosa abbia spinto il giovane a compiere questo gesto estremo.
Ultimo aggiornamento il 6 Agosto 2025 da Serena Fontana