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Cartella clinica sparita, il tribunale di Catania condanna il ministero della Salute

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Cartella clinica smarrita, ministero della Salute condannato a Catania. - Unita.tv
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Il Tribunale civile di Catania ha stabilito un risarcimento di 77.500 euro a favore del marito di una donna morta dopo una trasfusione con sangue infetto. Il caso risale agli anni ’80, quando la paziente subì un’operazione e diverse trasfusioni che la portarono a contrarre l’epatite C. Negli anni la malattia peggiorò fino a sviluppare una cirrosi e un adenocarcinoma, che ne causarono il decesso nel 2019. La cartella clinica dell’ospedale di Catania, però, era andata persa. Nonostante questo, il tribunale ha ritenuto responsabile la struttura sanitaria, aprendo la strada a risarcimenti anche senza documenti clinici.

La cartella clinica scomparsa e la responsabilità dell’ospedale

Al centro della vicenda c’è proprio la mancanza della cartella clinica, che avrebbe confermato le trasfusioni effettuate durante l’intervento. La donna si è ammalata di epatite C e poi di gravi complicazioni, ma senza il documento la famiglia non poteva dimostrare il legame tra le cure ricevute e la malattia.

L’ospedale ha perso i fascicoli a causa di infiltrazioni d’acqua nei locali di archivio, rendendo impossibile recuperare le prove scritte. Così la famiglia si è trovata senza la documentazione essenziale per far valere i propri diritti.

Nel nostro ordinamento, chi custodisce i documenti medici deve garantirne la conservazione e la reperibilità. Se questo non avviene, la responsabilità ricade sull’ente sanitario. È un principio già ribadito più volte dalla Corte di Cassazione e ora confermato dal Tribunale di Catania.

La battaglia legale e il rifiuto iniziale del risarcimento

Dopo la morte della donna, il marito ha affidato la causa all’avvocato Silvio Vignera, chiedendo l’indennizzo previsto per chi subisce danni da sangue infetto. La richiesta però è stata respinta dal ministero della Salute proprio perché mancava la cartella clinica a provare la trasfusione.

Questo documento era indispensabile per dimostrare il nesso tra terapia e danno. Senza la prova scritta, l’istanza è stata bocciata. Ma la famiglia non si è arresa e ha portato il caso davanti al tribunale.

La difesa ha sostenuto che non si può penalizzare chi chiede giustizia per la perdita di documenti causata dalla struttura sanitaria. Ha chiesto anche di ammettere testimonianze per ricostruire quanto accaduto, superando così il vuoto negli archivi.

Il verdetto: risarcimento anche senza cartella clinica

Il tribunale ha dato ragione alla difesa, escludendo che la mancanza della cartella clinica potesse bloccare il risarcimento. Ha sottolineato che è la struttura a dover rispondere se perde i documenti, e che il paziente o i suoi familiari non devono pagare il prezzo di quella negligenza.

È stata accettata la prova testimoniale per ricostruire i fatti. Alla fine, il ministero della Salute è stato condannato a pagare 77.500 euro al marito della donna.

La sentenza ribadisce un principio chiave: non si può negare un trattamento sanitario solo perché la struttura non conserva i documenti che lo dimostrano.

Questo caso apre una porta importante per chi, in situazioni simili, non riesce a dimostrare il danno per la perdita o distruzione delle cartelle cliniche. Ora si potrà chiedere il risarcimento anche senza avere tutti i documenti in mano.

Cosa cambia per pazienti e ospedali

La vicenda mette in luce problemi concreti nella gestione delle cartelle cliniche, soprattutto quando si parla di episodi vecchi anche decenni. Conservare bene i documenti non è solo un obbligo burocratico, ma una tutela fondamentale per chi ha subito danni.

Il tribunale conferma che chi gestisce gli archivi deve fare tutto il possibile per evitare la perdita di atti importanti. Se questo non succede, la responsabilità è chiara e i pazienti hanno diritto a far valere i loro diritti, anche senza una documentazione completa.

Per chi ha subito conseguenze da trasfusioni con sangue infetto o altre terapie rischiose, questa sentenza rappresenta un punto di riferimento. Dimostra che si può ottenere giustizia anche quando mancano le carte.

Il caso di Catania si inserisce in un quadro più ampio, che riguarda la responsabilità delle strutture sanitarie e la tutela dei pazienti. Serve a ricordare l’importanza di una conservazione efficiente e attenta dei dati clinici, per non far perdere valore alle prove e, soprattutto, ai diritti di chi si affida alle cure pubbliche.

Ultimo aggiornamento il 24 Luglio 2025 da Davide Galli

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Davide Galli

Davide Galli scrive per capire, non solo per raccontare. Blogger dallo stile asciutto e riflessivo, attraversa i temi di cronaca, politica, attualità, spettacolo, cultura e salute con uno sguardo mai convenzionale. Nei suoi articoli c’è sempre una domanda aperta, un invito a leggere tra le righe e a non fermarsi alla superficie.

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