Il 29 luglio 1983, davanti a casa sua a Palermo, il giudice Rocco Chinnici fu ucciso in un attentato mafioso. Un colpo durissimo nella lotta alla criminalità organizzata in Italia. Anche quest’anno, a distanza di 42 anni, la città ha voluto ricordarlo con una cerimonia sul posto e una messa nella chiesa vicina.
L’attentato in via Pipitone Federico: una ferita profonda per Palermo
Quel tragico 29 luglio, in via Pipitone Federico, al civico 59, esplose una Fiat 126 imbottita di tritolo. L’autobomba uccise il giudice Chinnici e altre tre persone: il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. Erano anni durissimi, in cui la mafia colpiva senza pietà chi cercava di fermarla. Quel gesto non travolse solo il magistrato, ma anche chi era impegnato a proteggerlo, segnando una pagina nera nella storia di Palermo e dell’Italia.
L’esplosione fu così violenta da distruggere quasi tutto intorno, attirando subito l’attenzione di autorità, cittadini e giornalisti. La morte di Chinnici fu una grave perdita per la giustizia italiana, visto il ruolo chiave che aveva nella lotta alla mafia. Quel fatto scosse profondamente l’opinione pubblica e spinse a rafforzare le misure contro la criminalità organizzata. Da allora, il suo nome è diventato un simbolo di resistenza e impegno civile.
Palermo ricorda Chinnici: famiglia e istituzioni insieme
Questa mattina, a 42 anni da quel giorno, la commemorazione si è svolta proprio dove avvenne l’attentato. C’erano i figli di Chinnici, Caterina e Giovanni, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e l’assessore regionale Nuccia Albano. Sul luogo sono state deposte corone d’alloro, in un clima di rispetto e memoria. Sono momenti che si ripetono ogni anno per tenere viva la memoria e ricordare a tutti l’importanza della lotta alla mafia.
Subito dopo, nella chiesa di San Michele Arcangelo, si è celebrata una messa in suffragio. Non erano presenti solo i familiari e le autorità, ma anche molti residenti e persone attente alle iniziative antimafia. La presenza del sindaco e degli esponenti regionali sottolinea quanto il ricordo di Chinnici sia ancora centrale nella vita politica e sociale di Palermo. Queste cerimonie rafforzano il legame tra istituzioni e comunità, ricordando che la mafia è un pericolo che non va mai sottovalutato.
Il “Metodo Chinnici”: un’eredità che va oltre l’Italia
Caterina Chinnici, europarlamentare e figlia del giudice, ha ricordato oggi l’importanza del lavoro di suo padre. Ha spiegato come il “metodo Chinnici”, nato con la creazione del pool antimafia, abbia cambiato radicalmente il modo di indagare. Prima di lui, le indagini erano spesso frammentate e poco coordinate. Lui invece spinse per un continuo scambio di informazioni tra le forze di polizia e la magistratura.
Una parte fondamentale del suo lavoro fu anche l’attenzione ai patrimoni e ai finanziamenti della mafia. Questi strumenti hanno dato risultati concreti nel tempo e hanno ispirato anche la legislazione europea. Caterina ha ricordato con orgoglio che il procuratore europeo, nel suo discorso di insediamento, ha citato proprio il lavoro di Chinnici come modello per l’azione dei procuratori europei contro la criminalità organizzata.
Da allora quel sistema si è rafforzato, permettendo di scoprire reti complesse e di agire con più efficacia. L’eredità del giudice vive nelle strategie italiane ed europee, non solo come sacrificio personale ma come un vero cambio di passo nelle indagini e nella collaborazione tra forze dell’ordine.
Ogni anno, il ricordo di quella giornata a Palermo serve a ricordare a chi lavora nelle istituzioni di non abbassare la guardia. La memoria di Chinnici è un richiamo costante a difendere i valori civili e il rispetto della legge, che lui ha incarnato fino all’ultimo giorno.
Ultimo aggiornamento il 29 Luglio 2025 da Matteo Bernardi