Un gruppo di sei attivisti del comitato No Snam ha subito una denuncia dalla procura di Sulmona dopo aver organizzato un sit-in vicino al cantiere della Snam in località Case Pente, nonostante il divieto imposto dal questore dell’Aquila. Il presidio mirava a protestare contro la costruzione di una centrale di compressione del gas naturale legata al gasdotto Rete Adriatica. La vicenda si sviluppa all’interno di un contesto di tensioni tra autorità e oppositori dei lavori, con interrogativi sulla legittimità della protesta pacifica e sui confini imposti dalle norme sulla pubblica sicurezza.
Il divieto del questore e la scelta degli attivisti di protestare sul posto
Il questore dell’Aquila, Fabrizio Mancini, aveva emesso un decreto che vietava la manifestazione vicino ai cancelli del cantiere della Snam in modo da non intralciare il lavoro dei mezzi operativi sul sito. La protesta, programmata per il 17 aprile 2025, avrebbe quindi dovuto svolgersi a una distanza che non interferisse con il normale svolgimento delle operazioni di costruzione della centrale di compressione del gas. Tale centrale, ubicata nella zona di Case Pente, fauna parte di un progetto legato alla rete di distribuzione del gas naturale denominata Rete Adriatica.
La decisione degli attivisti nonostante il divieto
Nonostante il divieto esplicito, sei membri del comitato No Snam hanno organizzato un sit-in proprio davanti all’ingresso del cantiere. La scelta non è passata inosservata. Le forze di polizia hanno rilevato la violazione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, il famoso TULPS del 1931, articolo 18, che regola appunto manifestazioni e assembramenti nei luoghi sensibili. Per questo motivo, questi attivisti sono stati denunciati per non aver rispettato le prescrizioni imposte dal questore.
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La denuncia formale e la posizione degli attivisti no snam
L’atto di denuncia è stato formalizzato dalla polizia e trasmesso alla Procura della Repubblica di Sulmona. I sei attivisti rischiano un procedimento che si basa sull’inosservanza del divieto manifestato in maniera chiara e ufficiale dalle autorità . La protesta era stata pensata come un presidio civico volto a sensibilizzare sull’impatto ambientale dei lavori di costruzione, ma ora si scontra con un provvedimento che punta a regolare la convivenza tra diritto di manifestare e ordine pubblico.
Le critiche del comitato no snam
Gli attivisti del comitato No Snam hanno reagito con critiche rispetto alla posizione delle forze dell’ordine e della magistratura locale. Da più di due anni, dicono, hanno denunciato situazioni di danno ambientale legate al progetto senza ottenere risposte concrete. Pur accettando di andare a processo, ribadiscono che lo stato di diritto deve tutelare anche forme di protesta pacifica e civile. Condannare questa forma di espressione discutibile e pacifica, secondo loro, crea un paradosso in cui chi danneggia l’ambiente resta senza conseguenze, mentre chi si oppone usando strumenti legittimi viene perseguito.
La centrale di compressione e l’opposizione al gasdotto rete adriatica
I lavori che hanno acceso la protesta riguardano la costruzione di una centrale di compressione destinata al transito del gas naturale lungo la Rete Adriatica, un gasdotto che collega parti del territorio italiano per la distribuzione dell’energia. L’impianto è situato a Sulmona, in provincia dell’Aquila, e si colloca nel quadro dello sviluppo infrastrutturale del sistema energetico nazionale.
Le ragioni dell’opposizione
Il comitato No Snam si è opposto fin dall’inizio al progetto per i potenziali rischi ambientali e per il coinvolgimento di un territorio sensibile. Le critiche si concentrano sulle conseguenze per l’ecosistema locale e sulla presunta mancanza di trasparenza nelle procedure di autorizzazione. In questi anni, i membri del comitato hanno promosso varie iniziative di mobilitazione per richiamare l’attenzione su queste problematiche, sfidando anche i divieti come nel caso del recente sit-in.
Le implicazioni legali e il confronto tra diritto di protesta e ordine pubblico
Il contrasto tra gli attivisti e le autorità mette in luce un conflitto tra due diritti tutelati dalla legge: quello alla manifestazione pubblica e quello alla sicurezza e al regolare svolgimento delle attività nei cantieri. L’articolo 18 del TULPS punisce chi viola disposizioni che impediscono assembramenti in luoghi considerati critici, ma non cancella il diritto di esprimere dissenso. La prova sta nel mettere d’accordo questi due aspetti senza sfociare in scontri o in procedimenti penali.
Il ruolo della giustizia nel caso
Molti giuristi e operatori del diritto sottolineano come la giustizia debba valutare caso per caso la proporzionalità delle misure adottate dalle forze dell’ordine. La denuncia non esclude che il procedimento possa mostrare anche eventuali margini di legittimità per la protesta pacifica e, al tempo stesso, indagare possibili infrazioni a regolamenti specifici. In questa vicenda si attende l’esito delle indagini e delle decisioni che saranno prese dalla magistratura di Sulmona.