Scritta in ebraico contro israeliani su una vetrina a milano scatena polemiche nella comunità ebraica
Un cartello in ebraico a Milano con la scritta “israeliani sionisti non sono i benvenuti qui” provoca reazioni contro l’antisemitismo, sollevando un dibattito su libertà di espressione e discriminazione.

A Milano un cartello in ebraico con un messaggio controverso contro gli israeliani ha scatenato tensioni e dibattiti su antisemitismo, libertà di espressione e conflitto mediorientale; il cartello è stato poi rimosso e sostituito da un invito alla pace. - Unita.tv
Un messaggio controverso, scritto in ebraico, è comparso sulla vetrina di un negozio in pieno centro a milano il 21 maggio 2025. Le parole “israeliani sionisti non sono i benvenuti qui” hanno subito acceso forti reazioni nella comunità locale e sui social network. Il giorno seguente il cartello è stato rimosso, lasciando al suo posto solo un segno di pacifica protesta: un cartello con scritto “stop war” accompagnato da due razzi, uno con la bandiera israeliana e l’altro con quella palestinese. La vicenda ha sollevato un acceso dibattito sugli atteggiamenti verso gli ebrei e sul diritto a manifestare opinioni contro la guerra.
La comparsa del cartello in ebraico e la reazione sui social
La scritta in ebraico della vetrina di una merceria milanese ha rapidamente attirato l’attenzione di molti, anche fuori città. Roberto Della Rocca, membro della Camera di commercio israelo-italiana, ha denunciato l’accaduto attraverso un post corredato da foto, sottolineando come la frase tradotta non fosse solo provocatoria, ma potenzialmente frutto di un atteggiamento antisemita. Nell’immagine, a fianco della scritta in ebraico, c’era un cartello con la parola “stop war” e due razzi, uno con la bandiera israeliana e uno con quella palestinese, sul quale Della Rocca ha espresso un giudizio più tollerante, considerandolo un messaggio plausibile di condanna della guerra.
La pubblicazione delle foto sui social ha fatto aumentare la tensione, facendo emergere molti commenti preoccupati all’interno della comunità ebraica di milano e oltre. Questo episodio ha aperto una discussione più ampia sul confine tra critiche politiche e discriminazione razziale o religiosa, in particolare in un momento così sensibile per il conflitto mediorientale.
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Le critiche politiche e il richiamo all’azione contro l’antisemitismo
Alcuni esponenti politici locali e nazionali sono intervenuti denunciando la gravità del messaggio esposto nella vetrina e richiamando la società civile e le istituzioni a reagire con fermezza. Daniele Nahum, consigliere comunale di azione, ha definito la situazione “fuori controllo”, invitando a una mobilitazione nazionale per fermare ogni forma di antisemitismo. Nahum ha evidenziato come, a prescindere dalle opinioni sul conflitto, non si debba accettare alcun tipo di offesa o attacco verso gli ebrei.
Ivan Scalfarotto, senatore e responsabile esteri di Italia viva, ha espresso un giudizio netto su twitter. Ha sottolineato che atti violenti o discriminatori, come quelli accaduti a washington o il cartello di milano, non possono essere giustificati nemmeno dal conflitto in corso a gaza. Secondo lui, dietro questi gesti resta sempre e comunque antisemitismo, qualunque sia il contesto.
Questi interventi hanno alimentato un confronto acceso tra chi ritiene necessario reprimere col massimo rigore ogni segnale antisemita e chi invece punta a mantenere la libertà di esprimere critiche verso la politica israeliana senza sfociare in discriminazioni.
La risposta dei titolari del negozio e la rimozione del cartello
I proprietari del negozio coinvolto hanno preso posizione con una dichiarazione pubblica, negando qualsiasi intento razzista o antisemita. Hanno ribadito di sostenere la pace in tutte le zone di conflitto, non solo a gaza, citando le parole del papa come esempio della loro posizione. Il messaggio esposto, hanno spiegato, è stato frainteso.
Il cartello in ebraico sarebbe stato scelto proprio per rivolgersi direttamente agli israeliani, indicandoli come responsabili delle sofferenze della popolazione civile nei territori colpiti dalla guerra. Anche se la traduzione è corretta, i titolari hanno chiarito di non voler offendere ma di voler denunciare la violenza che percepiscono. Hanno confermato la condanna di hamas e un sentimento di dispiacere per le vittime civili.
A seguito delle polemiche, il cartello è stato tolto il 22 maggio, in nome del “quieto vivere”. I titolari si sono detti dispiaciuti per chi si è sentito offeso, ma hanno ribadito che il loro messaggio voleva essere una forma di protesta contro la guerra, e non un attacco razziale.
Il contesto della comunità ebraica a milano e le implicazioni del messaggio
Milano ospita una delle comunità ebraiche più numerose e radicate d’Italia. Quest’episodio ha fatto riaffiorare tensioni e paure legate all’aumento di atti antisemiti registrati negli ultimi anni sul territorio nazionale. La scelta di un messaggio in ebraico ha colpito per la sua immediatezza e per il carattere esclusivo di destinatari, alimentando un senso di isolamento e identificazione negativa che la comunità ritiene pericoloso.
Le reazioni, sia a livello istituzionale che tra la popolazione, mostrano una forte sensibilità sul tema della convivenza e del rispetto reciproco. Molti chiedono un intervento più deciso delle forze dell’ordine e delle autorità municipali per prevenire episodi simili e per proteggere le minoranze.
L’attenzione sulla gestione di questo tipo di messaggi è alta anche a livello nazionale, considerando il delicato equilibrio tra libertà d’espressione e discorsi d’odio. Il caso milanese sarà sicuramente monitorato come esempio importante della difficile convivenza in un contesto politico internazionale così complesso.
I riflessi del conflitto mediorientale sulle tensioni in italia
L’episodio di milano conferma come il conflitto israelo-palestinese influenzi la vita quotidiana anche lontano dal medioriente. Le tensioni in regioni come lombardia si riflettono nelle manifestazioni pubbliche, nei messaggi social e in episodi di intolleranza.
Il messaggio originale, pur negando intenti razzisti, richiama la responsabilità israeliana nel conflitto e la sofferenza civile. Questa prospettiva provoca una reazione netta nelle comunità ebraiche, che vivono un legame forte con lo stato di israele ma spesso devono fare i conti anche con critiche e pregiudizi.
La gestione di queste crisi urbane e sociali appare sempre più complessa. Le autorità sono chiamate a intervenire e mediare, preservando la sicurezza di tutti e garantendo un dibattito civile. La pressione internazionale e l’opinione pubblica nazionale influenzano fortemente le scelte politiche e sociali locali.
Questo episodio a milano, per la sua eco e per la natura diretta del messaggio, rimane un caso particolarmente emblematico. Mostra come le tensioni geopolitiche si intreccino con la realtà di un quartiere cittadino, creando sfide difficili da affrontare senza un impegno collettivo.