Un’indagine della Guardia di finanza di Pordenone ha portato alla luce una frode che coinvolge tre società e sei amministratori, accusati di aver ottenuto indebitamente certificati energetici dal Gestore dei Servizi Energetici e dal Gestore dei Mercati Energetici . L’operazione ha svelato un sistema illecito basato sulla falsa attestazione di risparmi energetici per ottenere benefici economici pubblici.
Come venivano creati i certificati bianchi falsi
Le aziende coinvolte avrebbero ottenuto oltre 50mila Titoli di Efficienza Energetica, i cosiddetti “Certificati Bianchi”, che rappresentano un riconoscimento ufficiale per interventi capaci di ridurre il consumo energetico. Questi titoli possono essere scambiati sul mercato o utilizzati per ottenere incentivi pubblici. Secondo gli accertamenti, una società pordenonese senza infrastrutture né dipendenti avrebbe fatto convalidare dal GSE ben 292 progetti presentando installazioni fittizie o gonfiate.
I progetti indicavano l’installazione di prodotti e impianti capaci di generare risparmio energetico presso clienti reali come privati, imprese e condomini. Tuttavia, la realtà era diversa: questi clienti avevano effettuato interventi ma non avevano usufruito delle detrazioni fiscali legate all’efficientamento. La società senza strutture si è servita delle altre due aziende – una specializzata nella vendita di materiali termoidraulici ed edili e l’altra nella distribuzione di pannelli solari – per raccogliere nominativi da utilizzare nelle pratiche.
Dinamiche delle indagini e imputazioni
La Procura della Repubblica a Roma ha assunto la competenza sulle indagini provenienti da Pordenone dopo aver ricostruito il quadro probatorio relativo alle attività fraudolente. I sei amministratori sono stati formalmente accusati del reato aggravato di truffa finalizzata al conseguimento illecito d’erogazioni pubbliche. Parallelamente, le tre società risultano responsabili secondo la normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Gli inquirenti hanno sottolineato come l’operazione abbia danneggiato gravemente le casse dello Stato attraverso erogazioni indebite legate a incentivi destinati alla promozione dell’efficienza energetica reale sul territorio nazionale.
Quantificazione del danno economico secondo la corte dei conti
Oltre agli aspetti penali, la Guardia di finanza ha segnalato il caso anche alla Procura regionale della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia. Questa autorità giudiziaria si è occupata quantificare l’entità economica del danno subito dalla collettività a causa delle azioni fraudolente contestate.
L’ammontare stimato supera i 10 milioni quattrocentomila euro , somma che rappresenta gli incentivi percepiti illegalmente dalle società coinvolte grazie ai falsificati “Certificati Bianchi”. Tale cifra evidenzia la dimensione economica rilevante dell’inchiesta nel contesto delle politiche pubbliche italiane volte al risparmio energetico.
Criticità e rischi per le politiche energetiche in italia
Il caso emerso mette in luce criticità nel controllo degli strumenti incentivanti dedicati all’efficientamento ambientale ed energico nel nostro Paese. La frode riguarda documentazioni false presentate a enti governativi preposti alla verifica tecnica ed economica degli interventi dichiaranti risparmi realizzati su larga scala.
L’abuso sfrutta lo strumento dei Certificati Bianchi che dovrebbero premiare solo chi realizza concreti miglioramenti nell’utilizzo dell’energia elettrica o termica ma rischiano invece d’essere veicolo per appropriazioni indebite se mancano controlli accuratissimi su dati tecnici e committenti realizzati effettivamente gli investimenti dichiararti nei progetti approvati dai gestori nazionali dell’energia.